La tassa italiana sugli extraprofitti introdotta ad agosto dal governo Meloni è stata oggetto di osservazioni da parte della Banca centrale europea (Bce), che nella giornata odierna ha espresso preoccupazione per l'impatto che potrebbe avere sulle banche italiane. "Occorre prestare cautela per garantire che l'imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia", scrive la Bce nel suo giudizio sulla tassa.
La Bce in particolar modo ha affermato che la tassa potrebbe limitare la capacità delle banche di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per eventuali perdite future; rendere più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario; alimentare la percezione di un quadro fiscale incerto e dar luogo a contenzioso; creare, infine, incertezza, sul piano giuridico per la sua natura retroattiva.
La tassa sugli extraprofitti delle banche è stata una misura controversa fin dalla sua introduzione e impatta direttamente su una conseguenza della stessa attività bancaria: i profitti da margine d'interesse, aumentati per le banche dall'innalzamento dei tassi deciso da Francoforte. Da un lato, la tassa ha l'obiettivo di redistribuire il reddito e di ridurre le disuguaglianze. Dall'altro lato, la tassa potrebbe avere un impatto negativo sulle banche italiane, che sono già sotto pressione a causa della crisi economica dopo un 2022 e un inizio 2023 di utili record.
Certo, la Bce non ha bocciato pienamente la tassa, ha solo mostrato quelli che a suo avviso sono dei fattori di criticità, proponendo delle risposte. Francoforte chiede che "il decreto-legge sia accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative. Tale analisi dovrebbe illustrare in dettaglio, in particolare, l’impatto specifico dell’imposta straordinaria sulla redditività a più lungo termine e sulla base patrimoniale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti e sulle condizioni di concorrenza sul mercato, e il suo potenziale impatto sulla liquidità". Vincoli che, invero, il Ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti si era già impegnato a stabilire.
Per la Bce, inoltre, un appunto all'Italia è legato alla prospettiva che Roma possa usare le risorse della tassa per coprire le future manovre di bilancio, essendo necessaria una "chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi che deriveranno dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, che ha natura una tantum, e le risorse di bilancio generali del governo, per evitare il loro utilizzo per fini di consolidamento fiscale generale". L'Eurotower prende posizione anche su un tema che, formalmente, non dovrebbe essere sua competenza, quello della fiscalità generale. Ma si tratta, lo ricordiamo, di pareri non politicamente vincolanti o destinati a essere seguiti da azioni esecutive, per quanto non ignorabili.
Va detto, del resto, che dal mondo bancario italiano l’approccio, sino ad ora, è stato decisamente soft. Lo ha ribadito, nella giornata odierna, Francesco Profumo, presidente di Fondazione Compagnia di San Paolo, parlando alla prima giornata degli Stati Generali della Cultura de Il Sole 24 Ore e mostrando un approccio costruttivo col governo:“tutti gli elementi oggettivi che sono stati posti sul tavolo pongono il problema in termini più ampi rispetto a quello da cui si è partiti. Credo che ci sarà un dibattito e mi auguro che sia sufficientemente sereno, e quindi razionale, per poi trovare una soluzione che possa essere adeguata”.
In definitiva, la tassa sugli extraprofitti delle banche è destinata, con ogni probabilità, a venire trasformata sulla scia di appunti e rilievi nella prossima discussione parlamentare che seguirà. Allo studio della maggioranza diverse ipotesi prossime al dibattito con le opposizioni. Si va dall'idea di applicare la tassa solo agli extraprofitti generati da attività che non sono considerate di interesse pubblico, come la speculazione finanziaria a quella di utilizzare i proventi della tassa per sostenere le banche italiane, ad esempio fornendo loro prestiti a condizioni agevolate;
c'è poi sul tavolo l'idea di rendere la tassa più trasparente e prevedibile, riducendo la sua natura retroattiva.
L'Associazione Bancaria Italiana (Abi) chiede la deducibilità delle imposte, mentre nei corridoi del mondo imprenditoriale e finanziario milanese (e non solo) ilGiornale.
it ha raccolto una suggestione: la tassa colpisce gli extraprofitti da attività ordinaria, non quelli legati ad attività connesse, ad esempio, alla gestione del Superbonus attraverso i processi di acquisto dei crediti dai privati e loro successivo incasso che ha gonfiato gli utili delle banche in maniera molto più sostanziale di quanto fatto dal margine d'interesse e lo ha fatto, di fatto, con i fondi pubblici. Tutti temi di cui si dovrà parlare mentre la tassa si avvia a iniziare il suo iter parlamentare come una delle misure più discusse del governo Meloni.
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