
Mercati ancora in fermento ieri. L'incertezza politica e fiscale in Europa, le tensioni commerciali con gli Stati Uniti e i dubbi sull'indipendenza della Federal Reserve spingono gli investitori verso beni rifugio e titoli di Stato, ma a caro prezzo. L'oro ha infranto nel corso della seduta la barriera dei 3.500 dollari l'oncia (3.535 dollari nella tarda serata di ieri), confermandosi il rifugio privilegiato in un contesto di volatilità senza precedenti. Da inizio anno, il prezzo è aumentato di circa il 33% in un contesto di incertezze geopolitiche: le guerre in Ucraina e a Gaza e le ripercussioni dei dazi Usa.
«L'oro ha già messo a segno ventotto nuovi massimi nel 2025, contro i due del 2023 e i quarantasei del 2024: dal 2023 ad oggi ha guadagnato oltre il 90%, superando argento, S&P 500, Msci Acwi (il superindice delle principali Borse mondialI) e i benchmark obbligazionari», ha spiegato Gabriel Debach, market analyst di eToro. «I motori di questa corsa prosegue l'analista sono chiari. Il primo è ciclico: i mercati prezzano con probabilità vicina al 90% un taglio dei tassi già a settembre. Il secondo è politico: la pressione della Casa Bianca sulla Fed ha riacceso i dubbi sull'indipendenza della banca centrale». Un'analisi condivisa anche da J. Safra Sarasin: «L'incertezza macroeconomica e politica è destinata a rimanere elevata nei prossimi mesi e, pertanto, manteniamo la nostra visione positiva sull'oro e confermiamo il nostro target di fine anno a 3.600 dollari».
Parallelamente, i rendimenti dei bond sovrani hanno toccato nuovi massimi. In Gran Bretagna, le tensioni sulle finanze pubbliche dopo il rimpasto del governo Starmer hanno spinto il rendimento dei Gilt trentennali al 5,7%, il livello più alto dal 1998. Negli Stati Uniti, i Treasury a 30 anni sono tornati a sfiorare il 5%, complice la sentenza della Corte d'appello federale che ha dichiarato illegittima la maggior parte dei dazi imposti dalla Casa Bianca.
Le Borse europee hanno chiuso in rosso: Francoforte ha guidato i ribassi con un calo del 2,29%, seguita da Milano a -1,61%, Londra a -0,87% e Parigi a -0,7%. Male anche Wall Street, zavorrata dalle vendite sui titoli tech.
Deboli poi le principali valute del Vecchio Continente.
Ieri la sterlina è crollata di oltre l'1% contro le altre divise in seguito alla crisi del Gilt, mentre l'euro ha mantenuto quota 1,16 sul dollaro nonostante le incertezze parigine. Con un debito globale ai massimi storici e prospettive di crescita sempre più incerte, i mercati sembrano aver trovato un nuovo equilibrio instabile: più oro, più premi sul debito, meno asset rischiosi.