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Il ritorno degli stranieri in Piazza Affari

Le società quotate ora valgono 808 miliardi, merito anche degli investimenti esteri

 Il ritorno degli stranieri in Piazza Affari
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Gli stranieri si mettono in coda per investire sulla Borsa Italiana. Oggi più del 50% (per la precisione il 50,8%) della capitalizzazione è in mano ad azionisti di altri Paesi, un dato in aumento rispetto al 48,6% dello scorso anno. A metterlo in evidenza è il centro studi di Unimpresa, che ha tratteggiato un quadro lusingihiero per Piazza Affari in un anno che si sta per chiudere dove il valore delle nostre quotate è salito a 808 miliardi, facendo registrare un balzo di 151 miliardi (+23%).

Sono numeri che certificano come bastino pochi anni per ribaltare lo stereotipo di un Paese passato dall'essere politicamente fragile, ad avere una guida politica stabile garantita dalla forte maggioranza che sostiene il governo guidato da Giorgia Meloni. Il mondo pare essersi rovesciato da quando il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera Angela Merkel durante la crisi del debito sovrano nel 2011 si scambiavano un sorrisetto a proposito dell'Italia, quasi tre lustri dopo sono Francia e Germania a vivere un momento di crisi mentre l'Italia è protagonista di un'exploit con i titoli di Stato francesi che ora rendono più di quelli italiani, Berlino che ha smesso di crescere mentre l'Italia continua a farlo e le agenzie di rating internazionali che promuovono le politiche

di bilancio italiane. Lo stesso Fondo monetario internazionale - che certo non si può sospettare di simpatie per l'Italia - ha affermato con la sua presidente Kristalina Georgieva che Roma è «un'ancora di stabilità per l'Europa». Tutto questo finisce per avere un valore per chi deve allocare miliardi e si trova a domandarsi dove sia meglio farlo. «Nel giro di tre anni, che coincidono con quello del governo guidato da Giorgia Meloni, il mercato azionario italiano non solo ha recuperato le perdite del 2022, ma ha raggiunto nuovi massimi», si legge nell'analisi di Unimpresa, «con un ruolo sempre più centrale delle società quotate nella creazione di valore complessivo del sistema imprenditoriale nazionale. Dal 2022 a oggi, il valore delle quotate è salito di 301,1 miliardi, da 577,8 miliardi a 807,9 miliardi, in crescita del 59,4%».

Osservando, invece, l'andamento delle società per azioni - quotate e non - l'analisi osserva come quest'anno il valore ha raggiunto i 3.936 miliardi, crescendo in un anno di 347 miliardi (+9,7%). Proprio quest'anno è avvenuta l'accelerazione più intensa, non a caso quando l'Italia ha incassato la promozione sul suo debito sovrano da parte delle più importanti agenzie di rating internazionali (Moody's, Fitch e Standard & Poor's). Un cambio di categoria che poggia su fondamentali solidi: come il record dell'occupazione, un'economia che si è mantenuta in leggera crescita nonostante dazi e tensioni geopolitiche e politiche di bilancio prudenti messe a terra con il lavoro non sempre facile del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti.

«Un mercato che cresce è un Paese che genera valore e opportunità diffuse - ha sottolineato il presidente

di Unimpresa, Paolo Longobardi - allo stesso tempo l'aumento significativo delle quote detenute da investitori stranieri, in particolare nelle società quotate, è la conferma che l'Italia è tornata a essere attrattiva sui mercati internazionali. I capitali esteri non arrivano per caso: scelgono contesti stabili, affidabili, con fondamentali solidi e una prospettiva di medio-lungo periodo. Questo significa che il nostro sistema economico viene percepito come credibile e competitivo, nonostante le difficoltà del quadro globale».

Oltre all'accresciuto interesse degli investitori stranieri, l'analisi di Unimpresa si sofferma anche sulle altre categorie che altresì hanno contribuito al boom borsistico. Per esempio, gli azionisti italiani - pur perdendo peso relativo - sono cresciuti in valore detenuto passando da 74,8 a 89,8 miliardi (+20,1%), mantenendo una quota stabile attorno all'11 per cento. Le imprese salgono da 117,3 a 127,5 miliardi (+8,7%), ma vedono ridursi la propria incidenza dal 17,9% al 15,8%, segno che l'espansione del mercato è trainata per l'appunto da capitali esteri e istituzionali.

Le banche rafforzano la presenza con un incremento di 18,4 miliardi (+18%), arrivando a 120,6 miliardi, mentre assicurazioni e fondi pensione registrano il balzo percentuale più marcato, passando da 7,5 a 12 miliardi (+58,9%). In forte crescita anche le partecipazioni dello Stato, che salgono da 31,4 a 42,5 miliardi di euro(+35,5%), portando la quota pubblica al 5,3% del capitale delle spa quotate.

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