Milano - Per i cultori della cabala, era già tutto previsto: il 24 ottobre 1929, con il crollo di oltre l’11% di Wall Street, era stata scritta l’alfa della Grande depressione. Settantanove anni dopo, cioè ieri, le Borse mondiali sono incappate nell’ennesima tempesta perfetta di una crisi già lunga, ma di cui ancora non si vede il punto terminale.
Panico, vendite a pioggia, sospensioni per eccesso di ribasso, blocchi automatici in azione: il solito copione dei giorni neri, mitigato nei dati finali rispetto ai promontori della paura toccati durante la giornata, quando i listini avevano accumulato perdite perfino superiori al 10,5% in un avvitamento continuo, inarrestabile. Al materializzarsi dello spettro della recessione mondiale e all’affievolirsi dell’effetto delle misure di contrasto alla crisi assunte dai governi da Occidente a Oriente, le Borse continuano a reagire schiacciando gli indici su livelli sempre più bassi. Così, è subito finita la tregua di giovedì e i mercati sono tornati in trincea.
Con un effetto domino partito dall’Estremo Oriente, dove le difficoltà delle imprese esportatrici, le più colpite dalla violenta decelerazione economica di Usa ed Europa, hanno contribuito a scatenare la fuga degli investitori dal mercato azionario. Tokio, protagonista di una caduta verticale del 9,60%, ha visto per la prima volta retrocedere il Nikkei sotto gli 8mila punti; la Borsa di Seul ha lasciato sul campo il 10,57%, quella di Hong Kong l’8,3%.
Il terremoto si è poi propagato al Vecchio continente, complice la contrazione del Pil inglese e la richiesta di soccorso rivolta al governo da sette banche francesi. Già dalle prime battute di scambi, si profilava l’ennesimo black friday. Poco prima di mezzogiorno, quando Francoforte perdeva il 10,5% e Milano e Parigi oltre l’8%, si è temuta la Waterloo borsistica. Da New York, d’altra parte, rimbalzavano notizie tutt’altro che confortanti: tra voci smentite di possibili chiusure delle Borse occidentali, a Wall Street venivano sospesi i future sul Dow Jones dopo aver accumulato oltre 550 punti di ribasso, il massimo consentito. L’apertura era comunque da choc: l’indice dei titoli industriali cedeva oltre il 4%, il Nasdaq più del 5%.
Un primo, parziale aggiustamento, è arrivato dopo la diffusione della notizia che le vendite di case esistenti sono salite in settembre al passo più sostenuto degli ultimi cinque anni. Un segnale positivo, in controtendenza rispetto alle bad news che da mesi piovono sul settore immobiliare.
Gli indici Usa hanno infatti ridotto le perdite (alla chiusura, -3,59% il Dow Jones, -3,23% il Nasdaq), consentendo anche all’Europa di attenuare i crolli, costati comunque altri 230 miliardi di euro di capitalizzazione. Il Cac40 di Parigi e il Dax di Francoforte hanno terminato in ribasso rispettivamente del 3,54% e del 4,96%. Peggio hanno fatto il Ftse100 di Londra (-5%) e l’Ibex35 di Madrid (-5,2%). Indici pesanti anche a Piazza Affari, dove il Mibtel ha perso il 4,96%, tornando ai livelli di marzo 2003, e l’S&P/Mib il 5,61%. Il bilancio settimanale è da profondo rosso, con un calo che ha sfiorato il 7%. Tra i settori, tutti in netta flessione, i ribassi peggiori hanno interessato le banche (Eurostoxx -7,54%), le più colpite dalla bufera finanziaria, e le auto (-8,07%) dopo gli allarmi lanciati negli ultimi due giorni da gruppi come Daimler, Renault e Peugeot.
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