Economia

Le Borse tengono, ma la paura rimane

Piazza Affari in stallo, Unicredit chiude in parità Nuovo primato dell’euro a quota 1,4528

Le Borse tengono, ma la paura rimane

da Milano

Tira ancora un’aria gelida sui mercati finanziari. Poco importa se gli indici ieri, al termine di una seduta altalenante, scandita dal balletto schizofrenico di vendite e acquisti, esprimevano quasi ovunque variazioni frazionali. In realtà, rispetto al quadro nero di giovedì, nulla è cambiato. Le paure legate alla crisi del settore del credito continuano a zavorrare i titoli bancari, trascinati sempre più in basso, mentre il petrolio, stabilmente sopra i 90 dollari, e l’euro, schizzato al nuovo record di 1,4528, rendono ancora più inquietanti gli interrogativi sull’evoluzione della congiuntura internazionale.
L’esordio ieri è stato da brividi. Il Wall Street Journal riportava in prima pagina una notizia choc: il faro della Sec (l’omologa della Consob) si sarebbe acceso su Merrill Lynch, responsabile di aver «girato» ad alcuni hedge fund sostanziosi pacchetti di commercial paper, del valore di miliardi di dollari, con l’impegno di riacquistarli tra un anno a un prezzo minimo garantito. Lo scopo dell’operazione? Occultare in bilancio le perdite subìte con l’utilizzo dei prodotti derivati, confidando in una futura ripresa del mercato del credito. All’apertura di Wall Street, il titolo ha cominciato a scendere, poi a precipitare, fino ad accumulare un calo dell’13%. Così, in Europa, i listini hanno accentuato i ribassi, prima di incassare la smentita della banca, arrivata qualche ora più tardi: «Non c’è ragione di ritenere che contratti di questo tipo siano mai stati fatti», ha affermato Merrill, peraltro già nel mirino degli investitori dalla scorsa settimana per aver effettuato nel terzo trimestre svalutazioni per 8,4 miliardi di dollari. Secondo le stime di Deutsche Bank, tra l’altro, il colosso finanziario Usa potrebbe essere costretto a svalutare per altri 10 miliardi. Nonostante la smentita, il titolo ha comunque lasciato sul terreno quasi il 9%, segno che il settore del credito resta un nervo scoperto per i mercati, in attesa di vedere se nel fine settimana il board straordinario di Citigroup estrometterà l’ad Chuck Prince. In Europa, intanto, le vendite sui bancari proseguono: Barclays ha perso il 6,4%, Ubs il 4,2% e Hsbc il 2%; a Milano, Banco Popolare ha ceduto l’1,93%, l’1,35% Bpm, l’1,23% Intesa SanPaolo, mentre Unicredit, dopo la batosta di giovedì (meno 5%), ha chiuso in sostanziale pareggio.
Difficile, dunque, per i listini trovare una via d’uscita, anche se il finale degli indici non è stato drammatico, con Londra a vestire la maglia nera (meno 0,73%), Piazza Affari in stallo (meno 0,05% il Mibtel) e Wall Street in rialzo (più 0,20% il Dow Jones, più 0,56% il Nasdaq). A mitigare i timori degli investitori è stato il maggior aumento dal maggio scorso dei nuovi posti di lavoro negli Usa in ottobre (166mila), una crescita che sembra confortare la tesi in base alla quale il virus dei mutui subprime non ha intaccato il mercato del lavoro. La Casa Bianca è comunque all’opera per ridurre il numero delle famiglie non più in grado di far fronte alle rate dei prestiti immobiliari.

Gli interrogativi sullo stato di salute degli Usa mantengono intanto su percentuali elevate le possibilità di un nuovo ribasso dei tassi, malgrado la Fed abbia lasciato intendere nei giorni scorsi che ulteriori correzioni del costo del denaro non saranno forse più necessarie a causa delle spinte inflazionistiche.

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