«Le Borse vanno male? Per guadagnare fate così»

Malgrado la difficoltà delle Borse, guadagnare è possibile. E la soluzione è puntare su una manciata di gruppi quotati, sottovalutati rispetto ai rispettivi valori di mercato. Ad assicurarlo è Cofinsim che con Roberto Russo e Gigi Moroni offre un servizio di consulenza indipendente per i risparmiatori italiani. Niente legami con banche o commissioni nascoste: il cliente paga per ricevere delle indicazioni di investimento che lui stesso deve poi mettere in pratica. Un metodo apparentemente semplice, diffuso da anni negli Stati Uniti e ispirato alla filosofia «value investing». La stessa applicata da Warren Buffet, a dispetto della regola aurea della diversificazione seguita dai fondi di investimento e del diffuso consiglio di evitare il fai-da-te. Soglia minima per accedere a questo servizio sartoriale: un capitale da investire di almeno 200mila euro. Una cifra consistente, ma comunque meno della metà di quanto di norma chiedono le boutique del private banking. I risultati, assicura Russo, sono consistenti: «Da inizio anno i nostri clienti hanno ottenuto un rendimento medio del 4%, al netto di tutte le spese. Per noi la regola aurea è di investire direttamente in titoli e di non sottoscrivere i fondi comuni perché, quando replicano l’indice, richiedono commissioni ingiustificate».
In cosa consiste il servizio?
«Suggeriamo un’asset allocation coerente al profilo di rischio del cliente e composta da titoli chiaramente identificabili. La selezione avviene in base a studi che eseguiamo direttamente sulla base dei bilanci delle aziende. Le raccomandazioni di investimento devono essere eseguite dal cliente sul proprio conto titoli. Un sistema trasparente che evita passaggi inutili e dispendiosi».
Quanto costa il servizio?
«La commissione di consulenza annua è pari allo 0,8% del controvalore del patrimonio. Richiediamo poi una commissione di performance pari al 20%, che viene calcolata oltre il 4% di rendimento del portafoglio, al netto delle commissioni di consulenza e di negoziazione. Tuttavia, in caso di performance annua negativa, negli anni successivi la commissione di performance è sospesa fino a quando il portafoglio non avrà raggiunto un rendimento superiore al 4% rispetto al conferimento iniziale».
Qual è la prima cosa che suggerite ai vostri clienti?
«Consigliamo di ragionare con la mentalità tipica di un imprenditore, ricordando che un’azione è una quota parte di un business mentre un’obbligazione è una quota parte del debito di un’azienda».
In pratica come selezionate i gruppi su cui investire?
«Al contrario di quanto si creda, siamo del parere che la diversificazione fine a se stessa non crei valore. Cerchiamo aziende sane che generino cassa e siano fortemente sottovalutate in Italia, Europa e Stati Uniti. Poi limitiamo la selezione a quei titoli il cui prezzo di mercato sia inferiore di almeno il 40% rispetto al valore intrinseco dell’azienda. In questo modo riusciamo a proteggere l’investitore anche nei casi, come l’attuale, di movimenti bruschi dei listini. L’altro criterio fondamentale su cui ci basiamo è poi la qualità del management».
I fondi, invece, come stanno rispondendo alla nuova bufera delle Borse?
«Movimentano molti titoli perché hanno il problema di cercare di perdere meno degli altri, ma spesso finiscono con il subire le ondate speculative. Noi, al contrario, non suggeriamo strategie di trading ai nostri clienti. Seguiamo un approccio di medio periodo, o meglio il nostro obiettivo è di creare valore a un anno».
Affidarsi al risparmio gestito e pianificare un’attenta diversificazione aiuta, però, a contenere i pericoli connessi all’investimento in Borsa?
«Per noi il rischio è identificabile con un evento che determini una variazione negativa del valore intrinseco di un’azienda tale da generare una perdita permanente di capitale. Nulla a che vedere con la volatilità dei prezzi di mercato dettata dall’emotività».
Come è composto il portafoglio tipo di investitore con un livello di rischio medio?
«Il 40% del portafoglio è investito in strumenti immediatamente liquidabili, tipicamente titoli di Stato. Un altro 45% è composto da obbligazioni societarie e il restante 15% da una decina di azioni accuratamente selezionate. La scelta degli emittenti e della tipologia di obbligazioni è un altro aspetto fondamentale del nostro servizio. Esistono, infatti, obbligazioni subordinate di importanti banche che sebbene abbiano un profilo di rischio/rendimento molto favorevole, sono poco conosciute dagli investitori. Sovente sono gli stessi istituti di credito a sconsigliarne l’acquisto perché si tratta di titoli trattati fuori mercato.

In realtà, sebbene sia indubbio che si debba fare i conti con una liquidabilità inferiore alla media, è del tutto irragionevole poi favorire l’acquisto di polizze o prodotti strutturati della casa che a volte hanno profili di rischio/rendimento opachi».

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