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«Borsellino e i mandanti occulti? Una farsa per coprire i giudici»

Lino Jannuzzi, ex senatore, giornalista ed esperto di cose di mafia, questo diciassettesimo anniversario della strage di via D’Amelio è pieno di strane storie: il misterioso 007 con la faccia da mostro, l’oscuro mister X che fece l’ultima telefonata dall’hotel Villa Igiea, il ruolo dei servizi deviati...
«È una vergogna farsesca. Dopo 17 anni hanno scoperto di avere sbagliato tutto con i processi, e alzano il polverone dei mandanti occulti per distogliere l’attenzione dall’errore».
Sbagliato tutto?
«Le nuove dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza hanno demolito la loro costruzione. In qualsiasi Paese la stampa avrebbe detto che era stato commesso un errore madornale, i giudici che hanno sbagliato sarebbero stati processati, almeno si sarebbe fatta una commissione parlamentare d’inchiesta per capire come sia stato possibile un simile errore che ha coinvolto nei vari gradi di giudizio decine di magistrati».
Quindi un modo per distrarre l’attenzione?
«Il movente, la molla del polverone è sicuramente questa. Sulla strage di via d’Amelio hanno fatto ben tre processi - il Borsellino uno, due e ter, con relativi pronunciamenti in appello e Cassazione - puntando tutto su un personaggio come Vincenzo Scarantino, meccanico semianalfabeta, con problemi di droga e esonerato al servizio militare per schizofrenia. Possibile che la grande Cosa nostra affidasse a un simile individuo il compito di trasportare la macchina con l’esplosivo? Era chiaro che erano in errore, io queste cose le scrissi ripetutamente su Il Foglio, Panorama e il Giornale. E siamo stati pure querelati. Ora il pentito Gaspare Spatuzza ha dimostrato in maniera irrefutabile, portando prove, che è stato lui e non Scarantino a occuparsi della macchina usata per l’attentato. Questo fa crollare tutto, si dovrà procedere, probabilmente, alla revisione».
In questi giorni si parla con insistenza del coinvolgimento dei servizi segreti...
«Non è una novità, ci provarono già all’inizio, tentando di trascinare in questa storia Bruno Contrada, che per fortuna sua era su una barca con 10 persone e riuscì a smentire la sua presenza in via D’Amelio».
E ora c’è il misterioso 007 con la faccia da mostro che comparirebbe sulle scene di tanti altri misteri palermitani...
«È mai credibile la farsa dell’agente segreto mostro, i servizi hanno scelto uno con una malformazione facciale per farlo notare da tutti? Ma via, andiamo, il vero mostro è questa antimafia pirandelliana. Ora saranno costretti pure a cercare uno 007 con la faccia sfasciata...».
E il misterioso personaggio che era ospitato a Villa Igiea e da cui il 19 luglio del 1992 sarebbe partita l’ultima telefonata prima della strage?
«Stessa farsa, fa parte della storia dei servizi e del mito dei mandanti occulti che inseguono da dieci anni. Hanno provato in tutti i modi a puntare su Berlusconi e su Marcello Dell’Utri, li hanno indagati per strage ben quattro anni, due in più di quelli possibili. Ma alla fine si sono dovuti arrendere».
Ieri ha parlato della strage di via D’Amelio Totò Riina, per dire che la mafia non c’entra e che si deve guardare altrove.
«Riina ovviamente ne approfitta, chi non lo farebbe? La pista indicata da Spatuzza porta lontano da lui».
Tra le novità di questi giorni ci sono anche le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco del sacco di Palermo. Che ne pensa?
«Non hanno creduto al padre, Vito Ciancimino, mafioso di tutto rispetto che ha chiesto invano di essere ascoltato dalla commissione Antimafia, e ora invece credono al figlio, un bamboccione che va in giro con le auto di lusso e che, avendo già una condanna per riciclaggio, tenta di salvare il salvabile del suo patrimonio? Non ha senso. E non hanno senso troppe cose in questa storia, a cominciare dalla lettera strappata, il biglietto tagliato a metà indirizzato a Berlusconi per chiedergli una rete tv. Ma per che cosa, per trasmettere Il Padrino o I Soprano?».
Secondo lei perché Borsellino fu ammazzato?
«La strage di via D’Amelio presenta degli aspetti di mistero, ma solo nell’ambito di Cosa nostra.

Borsellino era disperato per la morte di Falcone e cercava di capire, era concentrato sulla famosa inchiesta sugli appalti, altro che trattativa tra Stato e mafia che qualcuno adesso sostiene che lui aveva scoperto».

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