
Il vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, ha espresso pieno sostegno alla decisione del presidente Donald Trump di designare l’attuale consigliere per la sicurezza nazionale, Mike Waltz, come nuovo ambasciatore americano presso le Nazioni Unite. L’annuncio ufficiale è arrivato ieri, a seguito di indiscrezioni che ipotizzavano una sua rimozione legata a ciò che è ormai noto come “chatgate”, legato allo scandalo della chat su Signal utilizzata da alti funzionari della sicurezza e della difesa, nella quale erano emersi dettagli sensibili su un’operazione militare in Yemen. Il segretario di Stato Marco Rubio subentrerà al suo posto ad interim.
Il siluramento di Waltz
A rendere pubblici i contenuti della conversazione sarebbe stato Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic, invitato per errore dallo stesso Waltz.
Tuttavia, Vance ha categoricamente smentito che il trasferimento sia da intendersi come un passo indietro o una punizione. “Mike è una persona che stimo. Ha la fiducia mia e del presidente”, ha dichiarato in un’intervista rilasciata all’emittente Fox News. “Abbiamo semplicemente valutato che il suo contributo sarebbe ancora più efficace nelle vesti di rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, specialmente ora che le principali riforme del Consiglio per la sicurezza nazionale sono state completate”.
Il vicepresidente ha inoltre respinto l’idea che si tratti di una retrocessione mascherata, puntando il dito contro la narrazione dei media. “Se Trump avesse voluto licenziarlo, non lo avrebbe certo candidato per un ruolo che richiede la conferma del Senato,” ha affermato con decisione. “Crediamo che Waltz potrà rappresentare al meglio gli interessi dell’amministrazione e, ancor più, del popolo americano, in questa nuova posizione”.
Dal canto suo, Waltz ha espresso gratitudine per la nuova nomina. In un messaggio pubblicato su X, ha scritto: “Sono profondamente onorato di poter continuare a servire il presidente Trump e il nostro straordinario Paese”.
Hegseth nel mirino della Difesa
Ma come è noto, in ballo non c'è solo il destino di Waltz. L’ispettore generale del Dipartimento della Difesa, Robert Stebbins, ha ampliato l’inchiesta sulle presunte fughe di notizie che coinvolgono il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, includendo una seconda conversazione avvenuta tramite Signal. A riportarlo è il Wall Street Journal, secondo cui nella nuova chat figurerebbero anche la moglie e il fratello di Hegseth. L'indagine iniziale, avviata lo scorso mese, mirava a chiarire se il segretario avesse impropriamente utilizzato Signal per discutere operazioni militari sensibili, tra cui attacchi aerei statunitensi in Yemen. Secondo quanto riferito dal quotidiano economico-finanziario, l’ambito dell’inchiesta si è allargato dopo la scoperta che Hegseth avrebbe condiviso i medesimi piani d’azione con un gruppo più ampio di collaboratori, alcuni dei quali estranei alle istituzioni, tra cui appunto membri della sua famiglia.
L'indagine per violazione della sicurezza nazionale
Sul fronte politico, la questione ha scatenato dure reazioni. Il leader della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer, ha commentato con toni critici le dimissioni del consigliere per la sicurezza nazionale, sostenendo che il vero responsabile resta Hegseth. “Stanno allontanando la persona sbagliata. Se c’è qualcuno che merita di essere sollevato dall’incarico, è il segretario alla Difesa”, ha dichiarato Schumer parlando con i giornalisti al Campidoglio, secondo quanto riferito da diversi media statunitensi. Hegseth, scelto dal presidente Trump per riportare un’impronta più operativa e decisa al Pentagono, si trova ora al centro di una bufera che rischia di compromettere la sua leadership. La prima conversazione riservata, denominata “Houthi PC Small Group”, aveva già fatto notizia, ma i nuovi elementi emersi aggravano ulteriormente il quadro: documenti riservati sarebbero stati inviati anche a familiari e a un consulente legale personale di Hegseth. Secondo fonti citate dal Wall Street Journal, si starebbe trattando il caso come una possibile
Le reazioni di Washington
Le reazioni da Capitol Hill non si sono fatte attendere. Il senatore democratico Jack Reed, presidente della Commissione Forze Armate, ha definito il comportamento di Hegseth “uno dei più gravi esempi di imprudenza nella recente storia della Difesa statunitense”, aggiungendo che “discutere piani militari con la moglie su un’app di messaggistica è motivo più che sufficiente per la rimozione immediata”. Anche tra le fila repubblicane emergono segnali di disapprovazione. Il senatore conservatore Josh Hawley ha definito “profondamente allarmanti” le modalità con cui vengono gestite le comunicazioni interne al Dipartimento della Difesa, chiedendo una revisione strutturale delle policy in materia di sicurezza informativa. Nonostante le pressioni crescenti, Hegseth non ha mostrato alcuna intenzione di dimettersi. Al contrario, ha rafforzato il proprio entourage: dopo le dimissioni del capo di gabinetto Joe Kasper, ha affidato alla moglie Jennifer un ruolo di consulente informale, pur in assenza di un incarico ufficiale.
Il malumore tra i senatori
Secondo The Hill, diversi senatori – in forma riservata – si sono detti delusi dalla rimozione di Waltz, ritenuto più competente. “Mi è dispiaciuto”, ha ammesso Ted Cruz, mentre Thom Tillis ha espresso apertamente frustrazione, nonostante alla fine abbia votato per confermare Hegseth, a differenza di tre colleghi repubblicani. Un senatore, sotto anonimato, prevede che Hegseth possa essere il prossimo a cadere: “Non per stupidità, ma per l’inadeguatezza nella gestione e un team caotico”. Intanto i media si concentrano su Jennifer Hegseth, terza moglie del segretario, la cui presenza attiva – tra viaggi ufficiali e incontri con leader esteri – sta sollevando perplessità.
“Se continua a creare distrazioni, probabilmente verrà rimosso”, osserva un altro senatore, ricordando che la tolleranza di Trump per le interferenze è oggi molto più bassa. Nonostante tutto, Hegseth resta una figura politica di primo piano. La sua conferma è costata cara a Trump e Vance, che hanno investito capitale politico per superare polemiche su presunti abusi e problemi personali.
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