Jacopo Ticchi, il profeta del pesce frollato

Nel suo ristorante a Rimini, Da Lucio, porta avanti la sua ricerca incessante sulla maturazione del pescato locale, che gli consente di esplorare nuove dimensioni gustative anche attraverso la costante valorizzazione di tutti gli scarti. Un percorso rigoroso e coerente ma anche assai godibili perché il sapore resta sempre al centro. Come nella sua reinterpretazione del brodetto

Jacopo Ticchi, il profeta del pesce frollato

Pesce locale, studio delle maturazioni e delle frollature, nessuno spreco. Sono i tre comandamenti che Jacopo Ticchi mette in atto nel suo locale di Rimini, Da Lucio, nato nel 2019 in via Santa Maria al Mare, in un piccolo locale incastrato nella zona più umile della città, poi trasferito sul lungomare, in viale Vespucci 71 e infine approdato da qualche mese in una location finalmente a misura delle sue ambizioni, all’interno della Darsena, con il mare a ispirare il giovane chef (“ma più spesso mi distrae”, ci confessa).

Ticchi è nato nel 1994 a Cattolica, ed è chef e proprietario di uno dei ristoranti più “chiacchierati” (in senso positivo) dell’intera penisola. Il suo lavoro ha dapprima attirato la critica specializzata, poi gli appassionati del pesce frollato, quindi il grande pubblico più curioso, richiamato anche dalla sua austera partecipazione a una puntata dell’ultima edizione di Masterchef. Che ha manifestato con evidenza che Ticchi non è certo uno chef mediatico. Va avanti per la sua strada con ostinazione, chi lo ama lo segue su sentieri impervi e non certo su autostrade a cinque corsie.

Ticchi ha frequentato l’alberghiero a Riccione, poi ha iniziato facendo qualche stagione nelle cucine da battaglia della riviera romagnola prima dell’esperienza che gli ha cambiato la vita, un viaggio in Australia in cui si confronta con la cucina internazionale ma soprattutto scopre l’opera e il pensiero di Josh Niland, profeta della frollatura del pesce, pratica che scava nella mente e nell’anima di Ticchi. Che torna in Italia, fa un’esperienza con Pietro Leemann al Joia di Milano, il primo e finora unico ristorante vegetariano stellato d’Italia, che gli vale un “dottorato” nella valorizzazione della materia prima. Poi c’è una tappa in Spagna, dove Ticchi allarga ulteriormente i suoi orizzonti. Quando torna a Rimini lo chef entra nel team del Nécessaire Bistrot con Enrico Gori, poi apre la sua Trattoria Da Lucio (Lucio è il primo figlio, giusto per dire) e inizia il suo studio sulla frollatura del pesce. E dopo qualche anno arrivano i primi riconoscimenti: il premio “Young Ethical Chef Award” di Care’s, l’ingresso nella classifica dei 100 innovatori under 30 di Forbes, nella “40 Under 40 - Food Industry” di Fortune, nella classifica talenti under 35 di Cook Corriere, vince il premio come Miglior Chef Emergente da parte di Food&Travel Italia.

Ticchi lavora solo pescato locale, quasi esclusivamente di grande pezzatura, il più adatto all’evoluzione garantita dalla frollatura a secco. Utilizza ogni parte del prodotto, anche quelle meno nobili, che vengono valorizzate con una tecnica impeccabile e con l’abbinamento con ingredienti di stagione, cucinati principalmente con la griglia a carbone e il forno a legna. Da segnalare che nella stagione di fermo pesca, da fine luglio a metà settembre, il menu si trasforma in un inno alla carne frollata.

Da Lucio tutto è chiaro e ben spiegato. Quando ti siedi ti viene portato davanti un grande vassoio di legno con i pesci della serata e i loro prezzi e questo ti prepara al viaggio. Quella che suggerisco di fare è il menu degustazione a 130 euro, che sottrae anche all’obbligo di scegliere. E’ divisa in cinque parti (più il finale dolce). Dopo un benvenuto con uno Spiedino di muggine con tuorlo marinato e affumicato con colatura di alici e olio al prezzemolo e una Crescia con delle alghe con cui “afferrare” la pancetta di Renato Carletti con scalogno in agrodolce. La prima parte è dedicata ai crudi, tutti di pesce frollato: Orata con pelle croccante fiammeggiata, Uova di spigola, salicornia e grattugiata di fava tonka, Rana pescatrice con inula viscosa e alghe il tutto avvolto da una mazzancolla fresca, Tonno russo con il cucunci (il frutto del cappero), cerfoglio e ostriche Cristal, bergamotto e cedro grattugiato, Alghe sbollentate e dissalate con vongole sgusciate e un’emulsione di mazzancolle, e una Terrina realizzata con le pelli dei vari pesci (il non spreco, ricordate?). Inizio ricco di suggestioni.

Secondo atto, la brace: Ventresca di spigola in una crosta di pepe nero, poi Gola di cernia gialla di Gallipoli condito da un olio fatto con la scarola bruciata e pepe Sichuan, poi Spigola con cavolo cappuccio e una salsa pil pil fatta con gli scarti dello stesso pesce, erba cipollina, finocchietto e olio “forte”.

E’ il momento del forno a legna: Trippa di rana pescatrice alla brace ripassata in forno condita con passata di pomodoro e caramellata e il fegato avvolto in rete di maiale. Per chi ama il genere un’esperienza indimenticabile.

Quarta tappa, il Guazzetto alla riminese, che viene portato in tavola e servito attingendo da un grande contenitore in terracotta che rende il piatto un esempio di socialità diffusa. La preparazione di questo piatto, tra i più amati dai clienti del locale, è ben lunga. Si parte da una cottura di circa sei ore con crostacei, molluschi e pesci interi con pomodori pelati, poi c’è la pressatura in torchio e il reinserimento di tutti gli elementi messi da parte, poi alla fine si aggiunge anche una canocchia, ristretto di canocchie e garusi di mare (delle lumache). Questo è il piatto in cui la ricerca estrema di Ticchi si sposa con un tocco comfort che lo rende irresistibile.

Poi un intermezzo (Granita di lime di Marrakesh e polvere di caffè e Polpo croccante) ed ecco l’atto finale, la pasta, per chi ne avesse sentito la mancanza: Cappelletto vuoto con riduzione di panna, colatura di alici, noce moscata e limone, fegato di spigola alla brace. Per la chiusura dolce bisogna fare due passi e andare in una sala appartata dove c’è un banco di pasticceria pronta da cui scegliere quello che si vuole.

Ci sono pochi posti come questo che mi sono apparsi come un luogo con una narrazione compatta e coerente. Non suggerirei un pasto Da Lucio a tutti, solo alle persone che hanno voglia di trascorrere una sera nelle ossessioni e nel percorso di ricerca di un giovane uomo appassionato e attento. Chi ha voglia di uno spaghetto allo scoglio troverà a Rimini molti altri indirizzi in cui spiaggiarsi. Il servizio, per me condotto dal bravo Giacomo, fila che è un piacere, i giovani della sala sono tutti preparati ed educati, agevolati nel servizio dai grandi banconi centrali dove tutto è a portata di mano. La sala è grande e si protende verso il male, la cucina non è a vista ma è quasi parte della sala stessa in un dialogo incessante. La carta dei vini segue la filosofia del vino naturale, prediligendo piccoli vignaioli e vitigni autoctoni.

C’è anche un bar per il prima e per il dopo cena, ma volendo anche per il durante. Da Lucio è anche teatro di eventi, corsi, serate a tema. Si trova in viale Ortigara 80 a Rimini. Tel. Aperto a pranzo e a cena, chiuso il mercoledì e il giovedì

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