Boselli: «Se sulla legge vincono i “duri e puri” andiamo alla disfatta»

da Roma

«Sul conflitto di interessi il centrosinistra sta imboccando una strada rischiosa». Lo dice dal primo giorno, il leader dello Sdi Enrico Boselli, mettendo in guardia i suoi alleati, a cominciare dagli oltranzisti alla Di Pietro e Diliberto, quelli che reclamano inasprimenti al testo in discussione, «quelli che urlano “dagli a Berlusconi” pensando di lucrare qualche mezzo punto in più alle elezioni, e non si rendono conto del pericolo».
Quale pericolo, onorevole Boselli?
«Il pericolo che i “duri e puri” anti-Berlusconi possano magari guadagnare qualche voterello, ma portando dritta filata la coalizione verso una bella sconfitta sonora. Dopo di che del loro 0,5% ce ne faremo assai...».
Sta dicendo che il conflitto di interessi è meglio lasciarlo perdere?
«Assolutamente no: di una buona legge c’è bisogno, che sia seria e rigorosa. Ma trovo sbagliatissima l’idea che siano i vincitori a stabilire le regole del gioco. Dunque il centrosinistra non può e non deve andare avanti da solo: occorre cambiare metodo, e cercare un accordo tra maggioranza e opposizione. Anche per evitare un fenomeno che secondo me sconcerta tutti i cittadini: ogni cinque anni chi va a Palazzo Chigi cambia tutto a proprio favore, fa la legge elettorale che vuole e la riforma della giustizia che vuole e il conflitto di interessi che vuole. È un lusso che non ci possiamo permettere. Anche perché se l’Unione non prova a trovare un accordo sul testo con la Cdl, questa legge rischia di rivelarsi un boomerang».
Perché un boomerang?
«Perché così stiamo ricompattando il centrodestra e rivitalizzando la leadership di Silvio Berlusconi, che se non altro per motivi di età volgeva al termine. Gli consentiamo di ritagliarsi il ruolo del perseguitato, che sa usare da maestro, e di denunciare davanti agli elettori: “Attenti, oggi vogliono espropriare me, domani esproprieranno tutti voi”. Oltretutto non sono molto convinto che alla fine questa operazione possa tradursi in un successo».
Lei ha detto di dubitare che il centrosinistra riuscirà ad approvare realmente la legge. Perché?
«Perché i numeri parlamentari sono quelli che sono, al Senato innanzitutto. E non credo bastino, senza un’intesa con l’opposizione. Si dice che il centrodestra non sia disponibile, ma non è vero. Sicuramente dentro la Casa delle libertà molti riconoscono che il problema esiste e va affrontato. Se poi davanti ad una nostra offerta di dialogo loro rovesceranno il tavolo, rifiutandolo in modo assoluto e ingiustificato, la gente lo capirà. Così invece rischiamo solo di fare un favore a Berlusconi».
Perché invece l’Unione ha deciso questa improvvisa accelerazione?
«Non lo so. Certo, c’era un impegno preso con gli elettori. Ma ne abbiamo presi tanti, di impegni. E sulla legge elettorale stiamo sostenendo che va fatta assieme, in modo bipartisan, perché è una regola di base della democrazia: bene, anche il conflitto di interessi lo è. Cerchiamo di evitare di dare l’impressione che stiamo facendo una legge ad personam. Una legge che Berlusconi, se torna a Palazzo Chigi, non avrà problemi a cancellare in una giornata dicendo: se la sono votata da soli contro di me».
Qualcuno, ad esempio Pierluigi Battista sul «Corriere», ha sottolineato la contraddizione di questi giorni: fino a ieri Berlusconi veniva invocato come possibile salvatore dell’italianità di Telecom, oggi che la vicenda è chiusa il suo ruolo d’imprenditore è un pericolo pubblico...
«Conosco l’obiezione, ieri Berlusconi veniva addirittura sollecitato ad occuparsi di Telecom e ora rispunta il conflitto d’interessi. Ma al di là delle sensazioni, resta il fatto che il problema del conflitto c’è, da anni.

E non c’entra nulla con l’idea di impedire ai “ricchi” di scendere in politica: in Usa succede tutti i giorni. Ma con regole chiare. Ora il centrosinistra vuole regole in tutta fretta, senza cercare un accordo. Questo è l’errore, e va sventato».

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