Bossi arruola la piazza per difendere il governo

RomaQuando lascia palazzo Grazioli, dopo un vertice di due ore con Berlusconi, Calderoli, Letta, Bonaiuti, Cota e Cicchitto, il leader della Lega Umberto Bossi saluta i cronisti agitando il pugno chiuso.
Gesto eloquente che prelude al commento a caldo, appena avuta notizia della bocciatura del Lodo Alfano: «Andiamo avanti, non ci piegano - giura duro il Senatùr che poi avverte - se si ferma il federalismo facciamo la guerra». È furente il leader della Lega. Ma anche determinato e sempre più in sintonia con il Cavaliere. Prima di entrare a Montecitorio per una riunione del gruppo della Lega, Bossi riferisce pure dello stato d’animo del premier: «L’ho trovato forte e questo mi ha fatto molto piacere, l’ho trovato deciso a combattere. E nemmeno lui vuole elezioni anticipate».
Il clima è teso. C’è preoccupazione per quello che potrebbe accadere se dalla Procura di Milano arrivasse una condanna al presidente del Consiglio. E quindi timore per le sorti del governo. Ma nella maggioranza il giudizio sulla sentenza è unanime e la linea è quella del resistere. Non farsi intimidire da un verdetto giudicato politico. Tutti stretti attorno a Berlusconi, insomma. Pdl e Lega fanno quadrato: «Non sarà certo una sentenza della Corte a bloccare l’azione di questa maggioranza. Avanti dunque con le riforme - scrivono in una nota congiunta i capigruppo leghisti Federico Bricolo e Roberto Cota -. La Lega Nord è al governo per cambiare questo Paese. Lo vuole il popolo e questa è l’unica cosa che conta».
Già, il popolo. Più volte richiamato ieri. Nel primo pomeriggio, durante le ore convulse che hanno preceduto il verdetto, il Senatùr aveva parlato di «popolo», sollevando un vespaio di polemiche. «Se la Consulta dovesse bocciare il Lodo - aveva sibilato alla Camera - trascineremo il popolo. Entreremo in funzione trascinando il popolo, perché il popolo è con noi, sono i vecchi Galli...». Apriti cielo. A rispondere a muso duro al leader del Carroccio, il candidato alla guida del Pd, Bersani: «Bossi farebbe bene a ricordare che anche il centrosinistra può contare su migliaia di militanti e sostenitori. Il popolo ce l’abbiamo anche noi». Un botta e risposta sintomatico del clima in cui s’è attesa la sentenza. Piazza contro piazza, insomma.
Nessun tentennamento, nessuna ipotesi di voto anticipato. Bossi ha spiegato bene il perché, prima ancora di conoscere il niet della Consulta. Le elezioni? «Io non le voglio, Fini non le vuole: vogliamo le riforme e dobbiamo farle. Se andiamo alle elezioni cosa diciamo alla gente?». Il terrore del Carroccio è che il treno lanciato verso la stazione del federalismo possa deragliare. Un’eventualità da combattere in tutti i modi anche perché con un altro governo il sogno leghista potrebbe non avverarsi. A questo punto, è il pensiero di Bossi, occorre un’ulteriore legittimazione popolare, un’altra spinta dal popolo. Ecco perché, dice il Senatùr «Le Regionali diventerebbero politiche». In sostanza la prossima tornata elettorale andrebbe letta come un vero e proprio referendum su Berlusconi. E in questo senso c’è ottimismo perché «le persone si esprimeranno su Berlusconi e lui vincerà anche perché con alleati come noi come si fa a perdere?».
Che il verdetto della Corte alla fine abbia cementato ancor di più gli alleati lo dimostrano pure le parole del ministro dell’Agricoltura, Luca Zaia.

Per il quale, dopo aver riconosciuto che Berlusconi «si trova al centro di un attacco senza precedenti», tuttavia «il governo si rafforzerà con questa sentenza e farà ancora più quadrato per velocizzare la stagione delle riforme. Mai un governo ha avuto così tanto consenso».

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