«Bossi jr ha ragione» La Nazionale non scalda il cuore dei leghisti

Roma«La Nazionale la segui?». «No». «I Mondiali li guarderai?». «No». «Perché no? Se ti interessa il calcio...». «Sì, li guardo ma non è che tifo una squadra». «Non tifi Italia?». «No».
Il Renzo Bossi-pensiero, pubblicato da Vanity Fair su internet, continua a provocare polemiche. Il neoconsigliere regionale lombardo, intervistato ieri da Alfonso Signorini, ha voluto spiegarsi meglio. «Non ho mai detto che non tiferò per la Nazionale ai Mondiali, dico semplicemente che il calcio non è mai stata la mia priorità», ha argomentato sostenendo che «tiferò sicuramente Italia, ma non sarò attaccato alla televisione a guardare le partite». Di qui la «sbobinatura» polemica del settimanale glamour.
La carenza di contenuti dell’agenda politica, a eccezione della lotta senza quartiere di Gianfranco Fini contro Silvio Berlusconi, trasforma in notizia anche la scarsa familiarità con gli azzurri di Renzo Bossi, soprannominato dal padre «la trota», e consente alla sinistra nostrana di immergersi in quelle analisi sociologiche che tanto le piacciono ed estraniarsi dagli attuali fallimenti.
Passi per il risentimento delle bandiere della Nazionale come Gigi Riva («Un’affermazione stupida e grave») o Gianni Rivera («Non se ne accorgerà nessuno»). Ma sorbirsi il banale moralismo di Walter Veltroni con il solito «Si fa sempre il tifo per la Nazionale e il proprio Paese» è troppo. Soprattutto per chi proviene da un partito come il Pci che organizzava i gruppi d’ascolto per l’Urss di Lev Jashin.
Meglio sentire i leghisti «ufficiali», quelli che siedono in Parlamento. Beccati in Transatlantico tra una pausa e l’altra dei lavori d’Aula in un noioso mercoledì di transizione, la maggior parte di loro non nasconde il fatto di non sentire eccessivo trasporto per la squadra selezionata da Marcello Lippi. «C’è solo la Juve», dice Gianluca Forcolin, deputato veneto, che sottolinea lo scarso appeal della Nazionale nonostante la presenza in panca dell’ex juventino Lippi. E la Nazionale padana? «Sì, ma tifo per Del Piero, veneto, padano, simbolo della Juve». Ex bianconero invece Corrado Callegari: «Tifoso della Juve fino alla tragedia dell’Heysel». Nazionale? «No, solo Juve».
Ecco, la Lega è tutta qui. È amante del localismo. Come testimonia Paolo Grimoldi, coordinatore dei Giovani Padani. «Tengo al Milan perché sono un bastian contrario e dalle mie parti in Brianza sono quasi tutti interisti». E la Nazionale? «Tifo da sempre per la Germania perché è la squadra che riesce ad arrivare sempre fino in fondo alle competizioni». E la squadra padana? «L’ho seguita un paio di volte, ma nella sfida al Tibet ho tifato contro per solidarietà».
Poi ci sono i leghisti come il vicecapogruppo Luciano Dussin che contemperano i due sentimenti: quello padano e quello nazionale. «Ma sì che la seguo, sono pure interista, le belle partite le vedo sempre. E poi l’Italia è una vera nazionale, non è come la Francia e l’Olanda». Chiara allusione alla componente multietnica dei bleus e degli orange. Le bizze di Balotelli? «Ecco cosa succede quando i giovani hanno tanti milioni in tasca», conclude il saggio Dussin.
Non cambia molto neanche quando si interpellano i deputati liguri come il genovese Edoardo Rixi. «Tengo alla Samp», racconta sottolineando come «non mi dispiaccia se vince la Nazionale ma come evento mi appassionano molto di più le grandi spedizioni alpinistiche». Idem per Giacomo Chiappori: «Tifo Samp e spero che vada in Champions». La Nazionale è un optional: «Se vince, ci fa piacere».
Insomma, per gli azzurri non c’è quasi nessuno pronto a stracciarsi le vesti. Come Matteo Brigandì, deputato dimissionario. «La Nazionale l’ho seguita solo una volta in tv: era Italia-Germania 4-3. Allo stadio ho visto Juve-Messina in tribuna ed essendo nato in Sicilia m’ero portato la sciarpa giallorossa, volevano picchiarmi», racconta. L’atalantino Calderoli «dribbla» la domanda.
Ma in Transatlantico i deputati leghista si danno colpetti coi gomiti tra loro quando vengono interpellati sul tifo per la Nazionale.

Pensano tutti alla «pecora nera» della famiglia, il sindaco di Pontida e deputato Pierguido Vanalli, romanista sfegatato dal 1979. L’unico esponente del Carroccio ad aver trasformato lo slogan «Roma ladrona» in «Roma ladrata» per i numerosi torti arbitrali subiti a partire dal leggendario gol-fantasma di Turone nel 1981.

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