Bossi il leone ferito: «Non posso più ruggire ma non mollo la presa»

Il Senatur in vacanza ad Alassio si racconta. E ai liguri dice: «Grazie che ospitate noi lombardi, siete il nostro mare»

Paola Setti

Non è tanto l’essere ingabbiato in un corpo ferito, un leone è con il ruggito che incute timore. «Avessi almeno ancora la mia voce, capisce. La gente la tieni inchiodata con la voce potente, altrimenti si stufa». In verità, la folla s’è zittita in un silenzio irreale qui alla festa della Lega Nord ad Arenzano, per ascoltare quel che aveva da dire Umberto Bossi. E se ne ha da dire.
Non ha incertezze il Senatùr, e al solito spiazza. I suoi han fatto rumore sull’indulto, lui dice sì vabbè, «è vergognoso, ma quelle cose lì le han sempre fatte in Parlamento, e poi la gente è giustizialista, ma non sempre ha ragione. Del resto chi esce ci penserà due volte prima di ricommettere un reato». Guarda oltre, comunque. L’indulto è cosa fatta, il governo Prodi invece è ancora lì a far danni. «Ci vuole saggezza per governare, Bersani non doveva mettersi contro i tassisti, quelli ti bloccano le città». Che poi il decreto fosse sbagliato è un altro paio di maniche, «il problema è che questi si son spesi tutto per comprarsi le licenze, quindi il sistema non si poteva cambiare di colpo». Basterà aspettare pochi mesi, comunque: «A fine anno cadranno sulla Finanziara, perché quando si tratta di soldi non si capisce più niente». La crisi, quella il governo sa già di doverla affrontare «e ve lo dico io perché: Prodi mi ha telefonato, ha chiamato a casa mia. Io non c’ero, ma è chiaro che ha l’acqua alla gola». Dopo? «Si torna a votare». L’Udc? «È Berlusconi che conta. E Berlusconi torna a votare». A cena mastica pane e politica Bossi, il richiamo è più forte di lui, e sì che qui in Liguria è in vacanza, ad Alassio con la famiglia. «Sono qui con i figli, l’altra sera son tornato dalla cena con Berlusconi ad Arcore e mi aspettavano tutti davanti a casa, sembravano dei soldatini. I figli rompono le balle, ma bisogna farli, o si perde la partita».
C’è Renzo, il più grande, 17 anni e il liceo scientifico da finire, che un soldatino lo pare davvero, scatta in piedi ogni volta che papà fa un cenno, affetto e ammirazione. La politica? «Mi pare di averne sentito parlare un po’ a casa» scherza. Lui farà il regista, annuncia, ma vaglielo a dire all’Umberto: «Tu sei un pirla, devi fare Economia e commercio». Anche se, avverte il Senatùr: «Ricordate che ogni popolo deve avere la sua cinematografia. Adesso parte la Cinecittà di Milano e non sottovalutatela, perché non avremmo perso coscienza dei nostri diritti se il cinema avesse parlato dei nostri problemi. Invece in tutto il Nord non c’è un solo regista». All’inaugurazione c’era Silvio Berlusconi, racconta Bossi: «Bell’amico, mi fa, non mi hai detto niente. E certo, gli dico io, tu parli troppo, ce lo bloccavano».
Come l’Iit, «lo abbiamo portato io e Tremonti a Genova. Abbiamo deciso di venire a controlllare come funziona, mai lasciare le cose fatte senza controllo». Lo guardano preoccupati, starà male che non magia niente di questa bella cena di pesce? La verità è che s’è già abbuffato un paio d’ore prima. Assaggia il pesce e poi dice: tutti al bar Roma, che lì si mangia pane e mortadella. Beve litri di Coca cola e riaccende in continuazione il sigaro: «Io ci provo a protestare che fuma, ma mi becco dei vaff... e allora taccio» racconta Renzo. I figli, ancora. Bossi è tenero, e chi l’avrebbe detto mai. «Roberto Libertà vuol fare l’agricoltore, sono orgoglioso». Il più piccolo poi, Eridanio Sirio, 10 anni di furbizia: «Fa la gara di pesca con Tremonti. L’altra sera Giulio viene qui con una canna da pesca e attaccato un pesce ancora congelato, lui mica si è lasciato imbrogliare. Il giorno dopo Giulio ritenta con due carpe ancora vive, e il bimbo gli dice: ma quelli son pesci d’acqua dolce».
Parla della sua famiglia: «Gente semplice, lavoratori. Un giorno tornai da scuola parlando italiano. Mio padre mi disse: parlalo a scuola l’italiano, a casa mia si parla solo dialetto». Ecco, suo padre. «Quando feci partire la Lega tanti anni fa fu perché lui mi disse: son tutti arrabbiati ma nessuno fa mai sul serio, serve uno che si alzi». Lui, l’Umberto, si alzò. «E adesso ci rialzeremo: la Lega ha fatto un patto di libertà con i popoli. Non molleremo fino a quando non l’avremo ottenuta. Noi sappiamo che dobbiamo alzarci al mattino e andare a lavorare, e non ci batte nessuno.

È in discussione la libertà dei lombardi e dei veneti, e se quelli si rompono i coglioni non ce n’è più per nessuno». E i liguri? «Mio padre mi diceva sempre: non andarti a cercare le isole, è la Liguria il nostro mare. Grazie liguri che ci ospitate».

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