Bossi: «Pronti a dare la vita per la Padania»

Il leader della Lega minaccia l’Aventino se passa il referendum elettorale. «Alle amministrative solo con chi sta col Nord»

Bossi: «Pronti a dare la vita per la Padania»

Nostro inviato a Vicenza

Torna a Vicenza il Parlamento del Nord, con Umberto Bossi ad arringare gli oltre 500 delegati rilanciando la «battaglia per la libertà» contro «lo Stato schiavista che ci porta via tutto» e adombrando una quantomeno improbabile «rivolta della gente» di Lombardia, Veneto e Piemonte che «comincia a pensare che bisogna tirar fuori il fucile». Con tanto di monito: «Ci sono milioni di persone pronte a battersi anche fino alla fine». Toni da anni lontani, quando nel ’96, all’indomani della dichiarazione d’indipendenza della Padania, nacque il primo Parlamento padano. Con la differenza che allora si parlava di secessione, mentre oggi - nonostante rappresenti «un’attrazione enorme» per tanti - «non c’è alcun ritorno a quell’idea».
Una riunione, quella di ieri, più tecnico-istituzionale che operativa. Con interventi sui sistemi federali in Europa, sul federalismo fiscale e sull’attuazione dell’articolo 116 della Costituzione. E il voto di quattro mozioni: sull’istituzione di un coordinamento delle ronde padane, sull’apertura di una fondazione dedicata a Gianfranco Miglio (mozione Borghezio), sull’immigrazione (Gibelli) e sulle prospettive politiche del Carroccio (Calderoli). Tutte votate all’unanimità, con diligente e quanto mai retorica alzata di mano, al punto che non si registra neanche un’astensione.
E il passaggio chiave della prima seduta del Parlamento del Nord (riunito alla fiera perché la palladiana Villa Bonin sarà disponibile solo dalla prossima seduta, il 10 marzo) sta proprio nella mozione Calderoli. Che nel caso passi il referendum sulla legge elettorale prevede il «ritiro di deputati e senatori dal Parlamento italiano». In una parola, l’Aventino. In questo caso «si dovrà riconoscere soltanto il Parlamento del Nord come unica istituzione legittimata». Poi il passaggio sulle alleanze, che per le amministrative potranno essere fatte solo con «forze politiche presenti nel Parlamento del Nord e con i partiti che si impegnino a riconoscere la Padania». Una richiesta politica, se in più di un intervento (il segretario piemontese Cota su tutti) si sottolinea come il referendum sulla devoluzione abbia «sancito» che «c’è una grande differenza tra Italia e Padania». Un punto su cui i vertici del Carroccio aspettano una risposta di Berlusconi. Per il momento, ripete quindi Bossi, «sulle alleanze ancora non abbiamo deciso». Sul piatto, spiega il Senatùr, c’è soprattutto la riforma elettorale. «Siamo qui per parlarne - dice - a partire dal modello tedesco». Insomma, serve un sistema «equilibrato» che «garantisca anche partiti a forte radicamento regionale» altrimenti «ci potrebbero essere pericolosissimi incidenti».
Il leader della Lega, insomma, cavalca l’onda movimentista. Al punto di ipotizzare un «patto con il diavolo» pur di ottenere il federalismo. «Altrimenti - spiega al Tg1 - se si va avanti così si finisce male». E per diavolo s’intende il centrosinistra, «visto che Maroni lo dice tutti i giorni e non posso certo smentirlo». Anche se, aggiunge Bossi, «non vedo da parte loro la volontà di andare avanti».


La assise padane si concludono con la nomina per acclamazione di Roberto Maroni a presidente. Così, scherza il Senatùr, «in tribunale non ci vado solo io ma vieni anche tu... ». Poi, una battuta un po’ spinta per una giornalista «porcella», con tanto di buffetto.

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