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Bossi sta meglio e la Lega sta benissimo

Viaggio nel Carroccio dopo il successo alle amministrative. Il segreto? "Leader carismatico, rapporto con il territorio e disciplina. Il Senatùr è sempre più presente alle riunioni di partito, alle feste e all'Europarlamento

Bossi sta meglio e la Lega sta benissimo

Roma - «Leader carismatico, rapporto con il territorio, battaglie politiche che quasi sempre si rivelano di una certa lungimiranza, spazio ai giovani e una ferrea disciplina di partito». A freddo, intercettato in una calda mattina di luglio a pochi passi da Montecitorio, Aldo Brancher riassume così gli ingredienti del successo della Lega (La carica dei padani under 40). Che, a dispetto delle previsioni di molti, all’ultima tornata amministrativa ha incassato una vittoria dopo l’altra. Ridando fiato al movimento e contribuendo a riportare Umberto Bossi al centro della scena politica. Con il Senatùr che non ha perso tempo ed è tornato alle sue vecchie abitudini, prima fra tutte quella di giocare senza troppo imbarazzo su più d’un tavolo.

Quello dell’opposizione, certo, ma pure quello del faccia a faccia a via Bellerio con il prodianissimo ministro Paolo De Castro (destinato a rimanere riservato) o del successivo incontro alla questura di Milano direttamente con Romano Prodi (questo sì a uso e consumo di giornali e tv). Un ritorno al Bossi vecchia maniera, quello prima della malattia che per quasi un anno ha lasciato la Lega in balia delle lotte intestine tra questo o quel colonnello. Quello che candidamente spiegava che «l’importante non è la strada da seguire ma la destinazione finale, cioè il federalismo». Insomma, «se per arrivarci è necessario andare a zig zag non significa avere le idee poco chiare ma semplicemente seguire la via più veloce». In quattro parole, «la bolina della politica».

E anche al ritorno in sella del Senatùr fa riferimento Brancher quando parla di «leader carismatico». Perché, spiega l’esponente azzurro da sempre insieme a Giulio Tremonti cinghia di trasmissione tra Forza Italia e Lega, dopo quell’11 marzo del 2004 molti avevano temuto il peggio, invece oggi «Umberto ha fatto progressi impensabili solo qualche anno fa ed è tornato quello di una volta». Per dirla con le parole di un ex ministro del Carroccio «ha ricominciato a mandarci tutti affa... come ha sempre fatto quando non era d’accordo con noi».

E il successo della Lega - certificato dalle ultime amministrative - è una miscela di tutto questo. Ingredienti che vengono da lontano, come la scelta di non abbandonare mai il rapporto con il territorio o di lasciare grande spazio ai giovani, ma pure la lenta ma efficace ripresa di Bossi. Che se pure porta e porterà sempre sul corpo i postumi dello scompenso cardiaco che l’ha tenuto in coma farmacologico per oltre un mese, da qualche tempo è decisamente più presente che mai. A via Bellerio, ma pure in giro per le abituali feste padane tra le valli della Bergamasca. E ultimamente pure a Strasburgo, dove riprese le forze ha finalmente deciso di onorare il suo mandato di eurodeputato iniziando a partecipare ai lavori e alle votazioni dell’assemblea. Il punto di partenza, però, va trovato nelle caratteristiche che proprio Bossi ha sempre voluto dare al Carroccio. Intanto, come ricorda Brancher, «la disciplina di partito». Perché, spiega l’esponente azzurro, «se stai nella Lega ci sono cose che puoi fare e altre che non puoi fare, cose che puoi dire e cose che non puoi dire». Unica alternativa, «fare le valigie e andartene». E «anche se alle volte può non essere la soluzione migliore perché si rischia di perdere dei validi contributi, alla lunga credo che sia una linea che porta risultati». Insomma, nel Carroccio «il punto non è tenersi questo o quel politico perché valgono mille o diecimila voti come a volte accade anche in Forza Italia».

La Lega «ragiona in modo diverso». E se lo può permettere anche grazie a un fortissimo rapporto con il territorio e a un attivismo del movimento giovanile che non ha pari. E la misura di quanto il Carroccio tenga al suo «vivaio» la dà una delibera di qualche anno fa del Consiglio federale fortemente voluta proprio dal Senatùr. Che ha fatto mettere nero su bianco un bonus del 20 per cento per gli under 35 che si candidano alle segreterie provinciali del movimento.

Insomma, dieci voti effettivi ne valgono dodici, una sorta di scivolo per dare linfa al partito o, come recita la delibera, «per favorire il ricambio interno alla Lega».

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