Bovisa, dai cortili all’high tech

«Nel cielo di un quartiere sulla via del tramonto, sociale ed economico, è tornato a splendere il sole», assicurano Francesco Ogliari, apprezzato collaboratore del Giornale, tristemente scomparso pochi mesi fa, e Massimiliano Orsatti, giovane assessore comunale al Turismo, Marketing Territoriale e Identità, che hanno scritto a quattro mani Milano Bovisa. Una scommessa vinta, da poco uscito per Edizioni Selecta (160 pagg, 35 euro). Il libro, con prefazioni di Letizia Moratti e dello stesso Orsatti («felice abitante della Bovisa», come tiene a precisare spesso), non è un semplice racconto di una zona della città, ma una guida alla scoperta dell'anima di un quartiere. Il primo vero quartiere industriale di Milano. Molte le fotografie anche inedite, in un suggestivo bianco e nero che parla del passato e permette di vedere il presente sotto un'ottica inconsueta. Aggregato alla città con l'accorpamento dei Corpi Santi (1873), già nei primi decenni del secolo scorso il quartiere va prendendo una forte connotazione industriale. Vi sorgono importanti fabbriche chimiche e meccaniche (Montedison, Carlo Erba, Ceretti&Tanfani, Broggi), le prime industrie cinematografiche e soprattutto la grande area dei gasometri Aem per la fornitura del gas cittadino. Ma nei decenni successivi gli scenari cambiano, e la storia della zona conosce una svolta inaspettata. E' ancora il libro a guidarci attraverso la radicale mutazione degli anni Settanta, quando la congiuntura internazionale produce una profonda crisi del sistema produttivo. In Bovisa è soprattutto la fabbrica del gas a soffrirne, ma tutta l'area, nel complesso, vive una profonda trasformazione del suo impianto produttivo e, di conseguenza, sociale e insediativo. Comincia così la storia recente di Bovisa, che da area industriale diventa un quartiere con la vocazione per la ricerca, lo studio e il terziario. Siamo davvero di fronte a una «scommessa vinta»? Per Andrea Arcidiacono, del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico (Diap), la zona è oggi tra le più interessanti di Milano, urbanisticamente ma anche sotto il profilo della rendita immobiliare: «La grande quantità di aree di trasformazione disponibili e l'ottima accessibilità hanno fatto della zona una delle più dinamiche nella trasformazione urbana recente. Oggi molti processi di riconversione sono ormai completati e visibili negli esiti architettonici e funzionali. A partire dal recupero degli stabilimenti di via Durando, avviato all'inizio degli anni Novanta per la localizzazione della seconda facoltà di Architettura, fino ad arrivare agli interventi più recenti, con due nuovi centri direzionali, il Bodio Center (ex Alcatel) e il Maciachini Center (ex Carlo Erba) in sostituzione del vecchio tessuto produttivo». Tra progetti senza esito e trasformazioni parziali coronate da successo (da ricordare almeno la costruzione dell'istituto Mario Negri e la sede della Triennale), si arriva all'ultimo masterplan relativo all'area. E' recentissimo e porta l'autorevole firma dell'architetto olandese Rem Koolhaas. La previsione di spazi universitari viene affiancata ad altre funzioni come industria, ricerca e terziario. Il progetto, del valore di un miliardo di euro, coinvolge 850mila mq, di cui duebterzi da pianificare e i restanti da destinare a residenze universitarie. Oltre, naturalmente, alle aree riservate al Politecnico, parte delle quali sono già state completate: è il caso dei dipartimenti di meccanica, energetica e ingegneria gestionale, mentre la nuova biblioteca verrà consegnata a breve. Il piano prevede inoltre la sede definitiva della Triennale-bis, un teatro e un polo per aziende del terziario avanzato. La trasformazione da quartiere operaio a polo d'avanguardia della ricerca e dei servizi sembra avviata all'ultima tappa. «Non mancano però - conclude Arcidiacono - i problemi da risolvere. Il più urgente è quello delle bonifiche.

Un altro punto interrogativo riguarda la proposta progettuale di Koolhaas che, per quanto ancora in forma di studio, sembra un esercizio formale lontano da qualsiasi comprensione del contesto, della sua storia e delle sue popolazioni». Staremo a vedere.

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