Bpi, per Consorte dieci milioni di guadagni

Bpi, per Consorte dieci milioni di guadagni

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Negli ultimi quattro anni, di prestanome e/o clienti privilegiati in Banca Popolare Italiana ne hanno visti passare parecchi. Gente che con una firma, una sigla, senza garanzie, sostengono i magistrati milanesi, si vedeva aprire fidi, concedere mutui, erogare fiumi di denaro. Ma se oggi c’è una palma d’oro come miglior correntista di Bpi, non per depositi ma per guadagni ottenuti dalla speculazione no-risk, questo sembra essere Giovanni Consorte, fino a ieri silenzioso amministratore delegato dell’Unipol delle coop. Questo almeno è quanto risulterebbe dalla ricostruzione della Procura di Milano e dei suoi investigatori.
Dieci milioni di utili. Dal 2001 Consorte avrebbe spuntato qualcosa come 10 milioni di euro dalle operazioni finanziarie che a Lodi si facevano in Borsa a suo favore. Avrebbe guadagnato una somma che non poteva passare inosservata. E che già gli ispettori della Banca d’Italia avrebbero segnalato nella loro relazione come plusvalenze «meritevoli di approfondimento». Certo, si obietterà, siamo solo agli inizi. Bisogna verificare se le fiduciarie individuate, i conti nel mirino, gli uomini che ritiravano i denari sono sempre e tutti riconducibili a Consorte. Se i pacchetti di assegni circolari indicati dai testimoni e ripresi nell’ordinanza di custodia cautelare per Fiorani e C. sono stati, tutti e davvero, strumenti per monetizzare queste plusvalenze «facili» realizzate attraverso alchimie borsistiche. Ma questo è il quadro che emergerebbe dalle indagini: tra conti e depositi affiorerebbe l’ampio spettro dei guadagni milionari di Consorte riversati a cascata su una serie di società. E in questi giorni si stanno passando al setaccio alcune fiduciarie che sarebbero state usate proprio dal numero uno di Unipol per incassare le plusvalenze.
Il prestanome ottantenne. Si pensi solo alla giovane Teti Finanziaria srl, società costituita un anno fa che si occupa di compravendita immobiliare di beni propri. È la Teti che, sempre per l’accusa, sarebbe stata usata da Consorte e Ivano Sacchetti, altro amministratore delegato di Unipol, per incassare nel 2005 parte dell’1,7 milioni di plusvalenze Bpi. Un guadagno che secondo quanto indicato nell’ordinanza del gip Clementina Forleo sarebbe spettato a entrambi. La società è un’immobiliare con sede a Bologna. È amministrata da un vispo settantaseienne, Italo Moro nativo di Sassari e residente nel Cagliaritano, mentre la totalità delle azioni è in mano alla Sofir, fiduciaria di via Ugo Bassi a Bologna. Da qui sarebbero passati gli utili di Consorte ottenuti da operazioni su opzioni put relative a titoli Enel, Autostrade e Alleanza Assicurazioni. Bpi avrebbe emesso assegni circolari a favore della Teti finiti poi, sempre per gli inquirenti, in mano a Consorte. Storia fotocopia anche per la I.M. Immobiliare di Reggio Emilia. Con un’unica differenza: in questo caso l’unico proprietario di questa società è lo stesso Sacchetti.
«Trading trasparente». Da parte sua Consorte ha sempre rivendicato la trasparenza di queste operazioni. Almeno sino a quando non si conoscevano gli importi delle plusvalenze. Solo la settimana scorsa, ad esempio, al Sole 24 Ore spiegava che «quelle sul mio conto sono operazioni di trading azionario che risalgono al 2001 e al 2002. Non hanno nulla a che vedere né con Antonveneta né con la Bnl, né tantomeno con la Lodi». E assicurava che «noi con la Lodi, né come azienda né come persone, abbiamo mai fatto alcuna operazione, neanche una». Si dimenticava diversi dettagli. Forse non del tutto marginali.

A iniziare proprio dalle plusvalenze incassate, con una stima da parte degli inquirenti di due milioni di euro annui per finire con quei 4 milioni di euro di fido che Fiorani gli concesse nel dicembre 2004. E negli stessi giorni a Bologna veniva costituita la Teti finanziaria.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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