L'ala svedese che fece impazzire l'Inter e Miss Calabria

Per quasi un decennio Lennart Skoglund è stato idolo assoluto dei nerazzurri: trapezista nel calcio e nella vita, tra donne, truffe subite e problemi di alcolismo

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A Nacka oggi ci abitano poco più di centomila persone. Una distesa semi-congelata di ordinati quartieri residenziali, ma non è sempre andata così. Un tempo era uno dei sobborghi più poveri di Stoccolma, il genere di posto dove fatichi ad appiccicare il pranzo con la cena. Fuori dalla logora retorica del riscatto, Lennart Skoglund nasce qui, la notte di Natale del 1929. Il che, per i suoi genitori, rappresenta semplicemente il miglior regalo pensabile.

Cresce in fretta tra i profili svelti di quelle palazzine, Lennart. Magro, alto, una nuvola di capelli biondi, gli occhi perennemente vigili, inquieti. Corre tra le viuzze sul selciato glassato di ghiaccio, con un pallone fisso tra i piedi, propaggine di una passione che diventerà in fretta dilagante. Quando si iscrive alle primissime scuole calcio della sua zona, i genitori degli altri ragazzini protestano: "Quello lì è troppo forte, segna sempre. Segna gol impossibili".

Dunque Skoglund ci sa fare. A sedici anni gioca già titolare fisso nel Soder IK. Poi lo ingaggia l’Hammarby, in cambio di un vestito e di un paio di scarpe nuove. Quando la Svezia si approssima ai mondiali brasiliani del 1950 lui ha ventun anni e già convince quasi tutti quanti. Quasi, perché la federazione si inventa un sistema bizzarro per comporre la selezione che andrà a giocarsela: una sfida sul campo, tra la squadra scelta da una Commissione tecnica e quella preferita dai giornalisti. Lennart figura nella seconda, e la cosa gli procura un certo disappunto. Così entra, segna una tripletta, e incassa l'inevitabile convocazione. Andrà a comporre un trio offensivo atomico, con Palmer e Jeppson.

La gente, intanto, ha preso a chiamarlo Nacka, come il posto da cui proviene. Quando torna in patria se l'assicura l'Aik, la società più facoltosa di Stoccolma. Dura pochissimo però, appena cinque partite. Perché - quando scocca il 1950 - l'Inter gli punta i fanali addosso e sopraggiunge con una proposta indecente: 160mila corone, l'equivalente di 20 milioni di lire. Lennart, che fino a quel punto non ha la minima idea di cosa sia un vero ingaggio da calciatore, trasalisce. Poi non ci pensa nemmeno mezzo secondo: straccia l'accordo con l'Aik, incassa l'anticipo e parte.

Skoglund 1950
Lennart Skoglund nel 1950

Inizia così il suo (quasi) decennio milanese. Quella è l'Inter di Foni, di Benito Lorenzi e di István Nyers: con questi ultimi due è destinato a formare un tridente che infliggerà dolori atroci a mezza serie A. Nacka, infatti, è un'ala tecnica, rapida e capace di indovinare lo specchio con disinvoltura. Il pubblico prende ad adorarlo perché, nello stretto, sfodera sovente numeri circensi. Lo svedese venuto dal ghiaccio si rivela un trapezista del pallone. La sua è estetica applicata, che si tramuta in fretta in cumuli di giocate efficaci. Skoglund riveste così un ruolo decisivo nella campagna di conquista di due titoli, quelli del 1953 e 1954. In campo il suo volto appare sempre luminoso, ma c'è qualcosa di strisciante, quando i riflettori si spengono, che si infila nella sua vita. C'è un problema che lo svedese non riesce proprio a dribblare.

C'è che Lennart ama fare serata. Tirare tardi. Alzare il gomito. I compagni più affettuosi lo ribattezzano in fretta grappino. Dorme poco e beve molto. Eppure, quando scende in campo, le sue prestazioni continuano a confermarsi luccicanti. Le prime avvisaglie di un malessere acuto ancora non destano preoccupazione profonda, ma iniziano a disseminarsi. Nel frattempo ci pensa l'amore a smussare gli angoli più acuminati della sua vita. Skoglund ha lasciato una ragazza - mai sposata - ed un figlio in Svezia, ma non si può dire che soffra esattamente pene purgatoriali, perché a Milano si imbatte nei seducenti lineamenti Mediterranei di Miss Calabria in persona, Nuccia Zirilli. La coppia è esotica e spettacolare: come mescolare stille di ghiaccio e sabbia bollente. Sarà con lei che convolerà a nozze e avrà due figli, Evert e Giorgio.

Mentre continua a fabbricare gol (alla fine saranno 55 in 241 presenze con l'Inter) e assist, lo svedese pianifica il suo futuro. Può farlo forte di un conto in banca che si gonfia come mai nel suo passato. Così investe in un ristorante ed acquista una profumeria per Nuccia. La gestione dei suoi affari la affida tutta ad un caro amico. Le cose sembrano girargli bene, ma questo ecosistema confortante è costantemente crepato dalla seduzione per il bicchiere. Si affastellano intanto le stagioni in nerazzurro e, gradualmente, Nacka pare perdere la centralità originaria. Arrivano anche i favolosi mondiali svedesi del 1958, disputati alla soglia dei trent'anni: la sua nazionale dovrà cedere soltanto in finale, contro l'ingiocabile Brasile di Pelè, ma il percorso di Skoglund sembra poterne riscrivere il suo, personalissimo, brand.

Non è più di un'illusione ottica. Nella sua ultima stagione nerazzurra deve affrontare due avversari ingestibili: prima una distruttiva ernia, quindi una tonsillite che pare indomabile. Risultato: la sua presenza in campo si affievolisce, in favore del nuovo idolo della folla, Mario Corso. Per tenere fede al vcchio adagio - di male in peggio - sia il ristorante che la profumria subiscono spaccate. Ma il lato peggiore della faccenda è che l'amico che ha la delega a curare il suo patrimonio lo truffa per milioni di lire.

Sbattuto e immalinconito dalle nefandezze della vita, Skoglund è costretto a fare le valigie. Transiterà senza sussulti tra Sampdoria e Palermo, prima di fare rientro in patria. L'Hammarby lo riaccoglie e per lui sembra quasi una resurrezione calcistica. Però dentro qualcosa si è rotto irrimediabilmente. Il suo matrimonio è infranto, torna a vivere con i genitori, si trova un'altra donna, ma pure lei lo molla. Nacka, che ha trascorso gli ultimi anni ad incassare soltanto, si rifugia di nuovo nell'unica comfort zone che conosce davvero: l'alcol. Quando anche la squadra gli dà il benservito a causa della sua condizione, è costretto a ricoverarsi in un centro per il recupero dalle dipendenze, per tentare di venirne fuori una volta per tutte. In fondo è ancora giovane.

Uscito dopo mesi, riceve un'offerta singolare per rientrare tra le maglie della società: cedere i diritti per una striscia a fumetti che racconti la sua storia. La vita pare sorridergli di nuovo. Ma nel giorno in cui esce il primo numero, il 20 luglio 1975, Skoglund viene trovato morto nella sua casa.

Infarto, dirà il referto medico ufficiale. I sospetti legati alla sua vita trasandata portano la mente verso pensieri più tetri. Se ne va così un uomo che ha attraversato la vita come un lampo, giocandola tutta all'attacco. Vincendo e soffrendo.

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