La Bpm blocca l’aumento per la paura dei sindacati

Il muro eretto dalla Banca Popolare di Milano contro l’aumento di capitale proposto dal presidente Massimo Ponzellini rappresenta l’avvertimento dei sindacati affinché l’industriale-banchiere rammenti - le parole sono di uno di loro - «le prerogative di una cooperativa a base rovesciata come Bpm, evitando di inciampare negli stessi errori del predecessore Roberto Mazzotta». In Piazza Meda i dipendenti-soci godono infatti di grandi spazi nella governance e hanno voce in consiglio grazie alla stanza di compensazione dell’Associazione degli Amici e del suo «parlamentino». Una commistione di interessi unica in Piazza Affari. A spaventare il board è stato l’importo dell’aumento (600 milioni), che avrebbe drasticamente diluito l’egemonia dei dipendenti-soci in assemblea malgrado il voto capitario. Cui si è aggiunta la prospettiva, accarezzata per un attimo dallo stesso Ponzellini, di un ingresso nell’azionariato del presidente di Banca Profilo, Matteo Arpe in cambio delle leve operative. Un rischio inaccettabile per i sindacati oggi egemoni, ma il blitz avrebbe irritato anche i francesi del Mutuel. Alcuni in Bpm pensano che Ponzellini abbia cercato lo scontro in cda, dove è finito in minoranza, come casus belli per fare le valige e passare a più alto incarico su invito del ministro dell’Economia Giulio Tremonti nella prossima tornata di nomine pubbliche. Ieri è però apparso sereno e la sua poltrona non è al momento in discussione per i sindacati. A traballare è piuttosto quella del direttore generale Fiorenzu Dalu, che alcune sigle vorrebbero allontanare considerandolo «inadeguato» e «reo» di una fuga in avanti per fondere la Legnano nella capogruppo. Il ricambio al vertice è atteso dopo l’assemblea di bilancio con la probabile promozione del condirettore generale, Enzo Chiesa. Affrontando gli analisti Dalu ha negato che alla Milano serva un aumento di capitale, aggiungendo che la banca stima per il 2011 un Core Tier One del 7,2%, anche grazie alla vendita della controllata Bpm Vita attesa «entro aprile». In Borsa il titolo ha recuperato il 4,2% dopo il tracollo della vigilia, in Piazza Meda tutto va tuttavia letto in vista delle elezioni che a novembre ridisegneranno gli equilibri all’Associazione agli Amici, lo snodo politico della banca. Dopo l’uscita di Gianfranco Modica dalla Fisac in favore della Fiba, tra i sindacati imperversa la caccia al voto: lo scisma ha infatti incrinato l’asse di maggioranza tra la Fiba e la Fabi, favorendo la nascita di un patto «costituzionale» tra quest’ultima, la Uilca e quello che resta della Fisac. Un girotondo, da cui dipende la futura composizione degli Amici e quindi dello stesso cda: la Fisac (che contava 1.500 iscritti circa) sarebbe ora a quota 1.100, qualche lunghezza più della Fiba che avrebbe inoltre mancato l’obiettivo dei mille adepti. Non solo la Uilca (1.500 iscritti) sarebbe ormai la seconda forza sindacale alle spalle della Fabi che con i suoi 2.300 sostenitori resta saldamente il primo «partito». Da qui i ragionamenti intorno all’«opportunità politica» di rovesciare Dalu, nominato in quota Fisac ma considerato «vicino» a Modica e quindi ora sostanzialmente ascrivibile alla Fiba: il timore di alcuni sindacati è infatti che confermare il banchiere finirebbe per creare «un problema di tessere» e quindi di voti. Un fattore destabilizzante per i sindacati di Bpm, più volte accusati da alcuni consiglieri indipendenti di gestire le promozioni con logiche corporative.

«La cooperativa non è in discussione ma Bpm ha una governance impresentabile per la Borsa», sottolinea Piero Lonardi che da anni combatte per arginare il peso dei sindacati e nell’ultimo cda ha spronato Ponzellini a varare un piano industriale che preveda una stretta verifica degli obiettivi da parte degli indipendenti.

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