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Bpm, l’aumento c’è ma si fa tra un mese

Oggi il cda di Bpm esamina la ricapitalizzazione e il valore, fino a un miliardo. Ma l’operazione verrà varata il 12 maggio. Il pool di banche coinvolte si allarga e comprende Akros e Goldman Sachs

Bpm, l’aumento c’è ma si fa tra un mese

La Banca Popolare di Milano manda ai tempi supplementari l’aumento di capitale chiesto da Bankitalia. A meno di imprevisti, questo pomeriggio il presidente Massimo Ponzellini porterà infatti in consiglio di amministrazione solo l’impalcatura della ricapitalizzazione, limitandosi a indicarne l’importo massimo di un miliardo e la tempistica. La strategia di Bipiemme è chiara: aspettare a «tarare» l’effettiva operazione dopo aver completato un ulteriore giro di tavolo con i propri legali, così da capire fino a che punto sarà necessario spingere il rafforzamento patrimoniale per accontentare la Vigilanza.
Il valore non è quindi ancora definitivo ma a conti fatti dovrebbe oscillare tra 800 milioni e un miliardo, così da permettere a Bpm di coprire i futuri impegni, anche in vista della stretta di Basilea III e del rimborso dei Tremonti bond. L’annuncio dell’aumento di capitale, dovrebbe sbloccare anche il nodo del dividendo.
Allo stesso modo trova conferma la volontà di Piazza Meda di potenziare la squadra incaricata di garantire il buon esito dell’aumento, affiancando a Mediobanca altri soggetti: quasi sicuramente la controllata Banca Akros, cui potrebbe aggiungersi un istituto internazionale, forse Goldman Sachs. Tutto dovrebbe essere comunque predisposto così da fare scattare la ricapitalizzazione giovedì il 12 maggio, quando il consiglio sarà chiamato anche ad approvare i conti del trimestre. Quindi la parola passerà all’assemblea straordinaria.
La ricapitalizzazione è inserita nel quadro del nuovo piano industriale, su cui sono al lavoro i vertici della banca ma che difficilmente sarà pronto prima dell’estate. Varare un aumento da un miliardo significherebbe tuttavia raddoppiare l’attuale capitalizzazione di Bpm (-4,53% a 2,528 euro ieri in Piazza Affari), con un conseguente impatto sugli equilibri interni. Oggi la governance è infatti dominata dai dipendenti-soci tramite i sindacati interni e l’«Associazione degli Amici». Un modello su cui si è soffermata anche la Vigilanza nell’indagine ispettiva da poco conclusa, soprattutto per quanto riguarda l’incremento delle deleghe di voto. L’aumento quindi è un passaggio cruciale anche perchè a novembre è prevista l’apertura delle urne per rinnovare l’associazione degli «Amici» e tra i sindacati c’è fibrillazione per aumentare la base elettorale.

Nella lettera ai soci in vista dell’assemblea di bilancio, Ponzellini ha difeso la validità del «nostro modello cooperativo» ma ha lanciato un monito contro i rischi legati alla mancanza di cambiamento: «Chi non conserva questa predisposizione è inesorabilmente destinato a inciampare in errori e fallimenti già commessi o a rimanere ingabbiato in un immobilismo letale».

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