Le Br? A capirle meglio di tutti è un «ragazzino» di 35 anni...

Il piombo non lo ha neppure annusato. Nel 1978, il corpo di Aldo Moro accartocciato nella Renault 5 rossa, aveva appena tre anni. Alessandro Orsini viene dopo, non è testimone, protagonista, complice, comparsa, maestro, braccio armato, vittima o carnefice, narratore o cronista di quella stagione. Non è uno che ricorda o mistifica. È un professore di 35 anni, uno che insegna sociologia politica alla Luiss, uno che guarda quel mondo come nessuno lo ha fatto: solo per capire. Non ci sono giustificazioni o vendette. È per questo che Anatomia delle Brigate Rosse (Rubettino, pagg. 456, euro 24) è il saggio più maturo sulle radici ideologiche del terrorismo italiano. La stella a cinque punte al centro e poi gli altri, la galassia rossa e l’atmosfera frammentata dei neri. Qui c’è tutto. Ci sono ragioni, scelte, deviazioni. C’è scritto il nome dei padri, delle madri, tutto l’album di famiglia che gravitava intorno a Botteghe Oscure, le responsabilità morali, gli occhi chiusi, i tentativi di sconfessare e rinnegare i parenti scomodi, le radici lontane, gli alibi e i sensi di colpa.
Il saggio di Orsini è stato notato fuori dall’Italia. La Rubettino ha chiuso un contratto con la Cornell University, ateneo che fa parte della Ivy League, per pubblicare il libro in Australia, Stati Uniti, Canada, Sud Africa, Inghilterra e il resto d’Europa. A settembre viene presentato a Gerusalemme. Il Journal of Cold War Studies, rivista americana edita dal Mit, lo definisce un «volume fondamentale per capire l’educazione culturale del terrorismo». Orsini, insomma, sta diventando un piccolo caso. A settembre sfiderà nella cinquina dell’Acqui Storia Giovanni Belardelli con Mazzini, Tommaso Piffer con Gli alleati e la resistenza italiana, Giovanni Sale con Le leggi razziali in Italia e il Vaticano e Raoul Pupo con Trieste ’43. Per un «ragazzo» di 35 anni non è poco.
Le Br non sono figlie di nessuno. Sono un’idea del mondo che viene da molto, molto lontano. Nei volti di quei ragazzi di vent’anni ritrovi la voglia di apocalisse dei chierici viandanti del medioevo, gli occhi di Savonarola, il delirio di onnipotenza di chi dice «la perfezione o nulla». È la ricerca del paradiso che precipita nel nichilismo. È lo spirito protestante. È Thomas Muntzer e Giovanni di Leida. Sono i puritani inglesi di Oliver Cromwell È Rousseau e il rancore giacobino. È la legge del sospetto. È la logica di Robespierre davvero convinto di essere un puro, un eletto, un uomo moralmente superiore. «Chi mi critica nasconde passioni meschine». È il martirio di Camille Desmoulins, uno dei più celebri scrittori rivoluzionari, che osò mostrare all’Incorruttibile l’assurdo clima della Repubblica: «Bisogna mostrarsi felici per la morte dell’amico, del genitore, se non si vuole correre il pericolo di non sopravvivergli». È la rivoluzione d’ottobre. È la vittoria del codice binario: amico nemico. È il Pci. Questo è il viaggio di Orsini dentro le Br. E non risparmia nomi e cognomi.


Ha parlato con brigatisti noti, pentiti, irriducibili, e qualcuno di cui non si può neppure fare il nome. E vede che dietro la loro morale ci sono tre cose: l’odio per il capitalismo, il potere e l’invidia. «Non soffrivo a ucciderlo. Non era giusto che fosse più ricco di me».

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