Braccio di ferro sulla riforma degli ordini

nostro inviato a Treviso

Gli avvocati contro l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato; non in un’aula di tribunale, ma di fronte a una platea qualificata, quella del convegno «Antitrust fra diritto nazionale e diritto dell’Unione europea», organizzato a Treviso dallo studio legale Rucellai & Raffaelli. Oggetto del contendere: la riforma sulle libere professioni, promossa dal ministro della Giustizia Alfano, che rafforza il ruolo degli ordini professionali, anche in ambito forense.
Agli avvocati piace. E tanto. All’autorità che vigila sulla libera concorrenza e sull’antitrust per nulla, ma per una volta non sarà la Ue ad avere l’ultima parola. Come ha precisato Paul Csiszar, della direzione generale alla Concorrenza della Commissione europea, la Ue lascia ampio margine interpretativo ai Paesi membri e si limita a indicare i criteri del «test di proporzionalità», che prevede «un miglior ordinamento, ma non la completa deregolamentazione».
A difendere la nuova legge è stato innanzitutto Paolo Berruti, del Consiglio Nazionale Forense, che ha ricordato come quella dell’avvocato sia l’unica libera professione citata nella Costituzione italiana e che sia più che mai necessario tutelare la qualità e l’indipendenza degli avvocati. Berruti ha respinto «l’appiattimento di questa professione sul modello imprenditoriale», criticando «l’esasperato pragmatismo economico richiesto all’Ordine degli avvocati». Ben vengano dunque le nuove norme che rendono più difficile l’accesso a una professione già oggi troppo «affollata», che stabiliscono tariffe minime e limitano ulteriormente il ricorso alla pubblicità.
Giuseppe Galasso, direttore dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, ha invece ribadito con decisione le critiche. «Che ci sia bisogno di una riforma è fuor di dubbio, ma non scaricando i costi sui più giovani». E dunque: no a norme più severe per poter esercitare la professione, no alle tariffe minime che sono state abbandonate da tutti i Paesi europei e no a provvedimenti restrittivi sulla réclame. «Quelli attuali sono più che sufficienti contro la pubblicità ingannevole». Insomma, Galasso ritiene che sia necessario aprire e rendere più moderna la professione, non chiuderla e limitarla ulteriormente con spirito corporativo.
Non c’è intesa nemmeno sul numero degli avvocati in Italia.

L’Autorità li stima a 120-150mila, pari ai legali iscritti alla Previdenza forense, ma secondo Paolo Giuggioli, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, sono molti di più, oltre 300mila; dunque uno ogni cento cittadini adulti.
Un duello intenso, che ha sorpreso i tanti ospiti stranieri presenti al convegno di Treviso: nel resto d’Europa e negli Usa questi problemi sono risolti da tempo.

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