Fabrizio Rondolino, giornalista, scrittore e traduttore è di quelli che, oggi, potrebbero ricorrere al classico: io lavevo detto. È stato lui, infatti, nel lontano 1987, il primo a tradurre in italiano Herta Müller, la scrittrice romeno-tedesca che ha appena vinto il Nobel. Invece preferisce riconoscere anche i meriti altrui. Come racconta a Il Giornale: «Fu Claudio Magris a farmela conoscere, io allora ero molto attento alle cose mitteleuropee e la Müller mi piacque molto. Convinsi Editori riuniti a pubblicare una raccolta di racconti che si chiamava Bassure». Non fu proprio un successo: «Avrà venduto mille copie, non molto di più... Peccato erano racconti intensi caratterizzati per una prosa brevissima, paratattica ma molto evocativa... Condensavano in poche righe gli orrori della dittatura comunista... Mettevano in luce le miserie umane del socialismo reale senza ricorrere agli effetti speciali».
Sul perché in Italia libri così non funzionino Rondolino però non sa dare una risposta precisa: «Restano una letteratura di nicchia... Una scrittrice romena di lingua tedesca viene di per sé da una realtà geograficamente marginale come il Banato... Se poi la sua prosa non è per tutti va da sé che linteresse sia poco».
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