Se è vero che labito non fa il monaco, è vero che il cognome talvolta ti inganna. Che dire di Beppe Signori? Signori si nasce, ma qualche volta ce lo si dimentica. Peccato, Beppe Signori ha sporcato un cognome (danagrafe) e un nome (calcistico). È stato un personaggio simpatico, la maglia azzurra (nazionale o Lazio che fosse) si sposava magnificamente con il tipo, piaceva per il modo di giocare e interpretare il football. Da pensionato ha cambiato il modo di interpretarlo. Forse. Visto il vizietto, cè da pensare male. In campo scommetteva su se stesso e sui suoi gol, calciava magnifiche punizioni, terribile nei rigori, il sinistro era il gong di una sentenza. La scommessa era loptional, il gioco nel gioco. Anche unossessione. Cè chi si è fatto interdire per togliersela dalla testa. Lui ne ha costruito una ragione di vita. La storiella che in questi giorni va più di moda, racconta di quella puntata da un milione di lire: ci metto 30 passi per mangiare un Buondì. Dicono sia più facile dirlo che farlo, il Buondì è traditore per gli ingordi. Signori vinse la scommessa. Ne ha vinte tante altre, anche nel calcio: intese nel senso pulito del termine.
Ricordo personale: ai tempi del mondiale 1994 negli Usa, Beppe Signori era in nazionale con Sacchi e chi scrive seguiva il mondiale negli States. Non cerano i cellulari, si usava il telefono anche per collegarsi con il Giornale a Milano, bisognava autenticarsi dando il cognome alle telefoniste del servizio internazionale. E, ogni volta, le petulanti signorine domandavano: «Signori? Ma Beppe Signori?». Seguiva risposta quasi scocciata «No, non lui,...». In quella domanda cera tutta la grandezza mondiale di Beppe Signori.
Ma oggi siamo passati dal calcio scommesse di Paolo Rossi (anni Ottanta) a quello di Signori, Doni, Bettarini, ma pure di Paoloni e Gervasoni, gente da sobborgo pallonaro. Pablito ha scontato e si è ripulito. Oggi chissà quanto cè di vero per tre personaggi così diversi. Bettarini ha già messo le mani avanti. Comprensibile. Molto classica la discolpa: «Io non centro nulla». Signori è stato più accorato: «Abbiate pietà di me». Una battuta senza difesa che, in fondo, ci riporta al suo stare sul campo: combattente a viso aperto. Nel bene e nel male. Beppe Signori partito da Zemanlandia, passato attraverso Lazio, Sampdoria e Bologna, ha chiuso la sua storia nel 2006 e in Grecia, prima di vagare nella penombra del calcio. Ci ha lasciato in ricordo una valanga di gol: 188, che ne hanno fatto lottavo bomber nella storia della serie A. Sorta di bulimia che poi ha riversato nelle scommesse.
Gli altri due sono interpreti di un diverso modernismo del calciatore. In comune solo letà: Signori 43 anni, Doni classe 1973, Bettarini classe 1972. Ma poi? Cè una gerarchia calcistica: un grande giocatore, un grande padrino di spogliatoio e un onesto gregario. E quel differente modo di essere calciatori di questepoca. Uno sè ritrovato con lingombrante cognome della moglie sulle spalle. Eterno signor Ventura, salvo riprendersi il cognome dopo aver disfatto la famiglia. In campo era un terzino, più bello che bravo. Ambito dalle donne, ma scaricato dagli avversari sul campo. Però il tanto (poco) sul campo gli è bastato per diventare personaggio (reality, commentatore, ballerino). Anche se, alla resa dei conti, sembra quello che ogni volta sbaglia la via: punta a destra e invece dovrebbe andare a sinistra. E viceversa.
Altra pasta rispetto a Cristiano Doni che ormai indossa la maglia dellAtalanta come fosse il costume di Superman - Clark Kent, non ha ancora smesso di giocare e nella carriera ha visto di tutto. Personaggio che invita al sanguigno, o con lui o contro di lui, elegante e determinante nel gioco, nato a Roma ma grande in provincia. Poteva toccare il calcio delite però è rimasto sempre un passo indietro. Ha giocato in nazionale: senza lasciare il segno. Ha vestito tante maglie, eppure il marchio resterà quello nerazzurro della Bergamasca calcio.
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