Roma «Sono romano. Ma non è colpa mia». Quando si dice una formula azzeccata. Non solo il titolo duno spettacolo; ma anche lo spirito del suo protagonista. Orgogliosissimo della propria schiatta capitolina, Enrico Brignano ne ha fatto la chiave di volta del proprio successo. Anche in Fratelli detective - serie in sei puntate, da lunedì su Canale 5 per la regia di Rossella Izzo - il suo personaggio è romano. «Ma con moderazione. I romani, infatti, sono protagonisti nati. Ma lo sanno. Per questo possono risultare antipatici. E io, se voglio arrivare anche oltre il Raccordo Anulare, e non stuzzicare troppo i complessi dinferiorità dei non-romani, devo raddolcirmi un po».
Ironico cinismo, sarcasmo travolgente, incurabile indolenza; ma anche grande cuore, e innata umanità. Queste le caratteristiche che puntualmente Enrico incarna in Francesco, ispettore di polizia con inatteso fratellino a carico (lundicenne Marco Todisco) e, in coppia con lui, infallibile detective. «Non sei romano solo perché hai tatuato sulla schiena S.P.Q.R. Ma solo se sai guardare il mondo con quel senso di superiore distacco, e quella ruvida, imprevista umanità, che sono così nostri. Anche Francesco è un romano di questo tipo. E forse anche per questo ha avuto così successo nellomonimo tv movie, andato in onda la scorsa stagione, e dai cui è tratta questa serie». E Brignano il suo successo come lha conquistato, in anni che tracimano di comici dogni genere e risma? «Io ho studiato alla fonte: mio maestro è stato Gigi Proietti. Quanto agli altri, è vero: oggi di comici ce ne sono tanti. Forse troppi. E a confrontarli con quelli storici - Sordi, Manfredi, Tognazzi, Fabrizi, Panelli, Chiari; per non dire Totò - capisci che spesso non cè proprio paragone. Però si deve riconoscere che anche Sordi o Totò furono, ai loro tempi, aspramente criticati. E soprattutto che allora non cera il consumo di comicità, le ore di palinsesto da riempire, che ci sono oggi».
Comico sempre, anche nella vita privata («No: non sono triste, come si dice che siano i comici. Lo divento solo dal dentista o dal commercialista; ma come tutti») e comico tout court, non per questo sentendosi sminuito («Comico non è un termine riduttivo: i comici sono più preziosi degli attori drammatici, perché nella vita le gioie sono più rare dei drammi») Brignano non aspira a dimostrare doti tragiche. «Credo di averle in me, e che verranno fuori da sole. Nella fiction SantAntonio facevo un frate che muoveva più alla lacrima che al sorriso. Nel finale di Rugantino, a teatro, la commozione superava il divertimento». Sta per firmare un contratto in esclusiva con Mediaset, perché «in Rai sono un po distratti. Avevo proposto una fiction a Saccà; poi Saccà è stato esiliato allisola dElba, e la mia fiction è sparita nel nulla. Ora non potrei tornare indietro nemmeno se mi dessero la Carrà come autista e Pippo Baudo come maggiordomo».
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