Il brindisi amaro di Prodi alla vittoria di Pirro

Carissimo dott. Granzotto, forse queste sono le mie ultime lettere da spirito libero, prima che si inauguri la seconda era prodiana. Sono perciò particolarmente confortato dal dedicarle a lei, per ringraziarla per aver pubblicato la mia battuta un po' scema sull'anagramma del coniglio. Tra poco, forse, dovrò cambiare: come scandisce «il Professore», sarò costretto a essere fe-li-ce, a sentirmi u-ni-to con il resto del Paese, ad andare avanti tutti in-sie-me, a fare sacrifici perché l'Italia riprenda a cre-sce-re, a essere una persona se-ri-a e se-re-na. Ce-la-pos-sia-mo fa-re. Amen. (Mi rimangono ancora 10 minuti di sciocca vacuità, quasi-quasi mi accendo la prima sigaretta...).


Su con la vita, amico mio! Le dice niente Pirro II re dell’Epiro? Le dice niente la battaglia di Eraclea, 290 avanti il Cristo? Narra Plutarco (oh, Plutarco, mica un Gravagnuolo qualsiasi): «Gli eserciti si separarono e Pirro rispose a uno che gli esternava la gioia per la vittoria che un'altra vittoria così e si sarebbe suicidato. Questo perché aveva perso gran parte delle forze che aveva portato con sé. Dall'altra parte, come una fontana che scorresse fuori dalla città, il campo romano veniva riempito rapidamente e a completezza di uomini freschi, per niente abbattuti dalle perdite sostenute, ma dalla loro stessa rabbia capaci di raccogliere nuove forze, e nuova risolutezza per continuare la guerra». Sulla rabbia non so: io tendo piuttosto alla bonarietà, se così si può dire. Ma la risolutezza, quella non manca e nemmeno il tempo (ne serve davvero poco) per godermi il testa quedra e i suoi boys che risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con tanta orgogliosa sicurezza. Firmato Diaz.
Si unisca a noi, caro Diano. Sto organizzando una escursione in pullman a Corticella, periferia di Bologna, dove in via Rimini si conservano le vestigia di quella che fu La Fabbrica del Programma. È come andare a visitare la tomba di Tutankamen, stesse emozioni. Potrà ammirare il cuneo fiscale disegnato da Krizia; il rotolo di scotch col quale testa quedra voleva unire l’Italia e gl’italiani; la stanga, oggetto di artistica fattura griffata Visco, per le stangate fiscali; i costumi di scena che Rosy Bindi e Pierluigi Castagnetti avrebbero indossato per interpretare la Felicità (lui nei panni di Mastro Geppetto, lei in quelli della Fatina Turchina); lo stock di fiale di serietà (per via intramuscolo) in confezione da dodici; la modulistica per le donazioni in vita onde evitare la tassa di successione, dono personale di Prodi; il vestito da marinaretto di D’Alema, dono personale del Cavaliere e infine il corpo di ballo in tutù delle Primarie.

Dopo la ricognizione dei reperti abbiamo in programma un giro sul Tir giallo, rientrato precipitosamente dalla romana Piazza Santi Apostoli. Infine, prima di riguadagnare le nostre abitazioni faremo una sosta al Bar Ciccio di Bologna, abitualmente frequentato da Prodi. Pare che da ieri ordini solo l’amaro. Staremo a vedere.
Paolo Granzotto

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