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Brindisi, la truffa all'Asl Si fingevano in malattia per dare clienti ai privati

Sono 24 i dipendenti dell'Asl ai domicliari: quattro sono medici, nove infermieri, otto dipendenti amministrativi, uno tecnico radiologo e due addetti alle pulizie. Timbravano il cartellino, poi uscivano. E i pazienti scappavano

Brindisi, la truffa all'Asl 
Si fingevano in malattia 
per dare clienti ai privati

Brindisi - Si fingevano in malattia per indirizzare i paizenti verso le cliniche private. Sono finiti in manette 24 dipendenti dell'Asl di Brindisi per truffa al sistema sanitario nazionale. Il sistema era oliato e collaudato. Dei 24 dipendenti dell’Asl agli arresti domiciliari quattro sono medici, nove infermieri, otto dipendenti amministrativi, uno tecnico radiologo e due addetti alle pulizie. Sono tutti in servizio nel presidio di via Dalmazia. Altre 45 persone sono state denunciate a piede libero. Per altri otto dipendenti è stata chiesta la sospensione dal servizio che potrebbe diventare esecutiva dopo l’interrogatorio al quale saranno sottoposti. "Abbiamo previsto misure restrittive - ha detto il procuratore di Brindisi, Marco Di Napoli - solo per i casi più gravi". In una delle riprese tv fatte dai carabinieri mostra una delle due addette alle pulizie che immette nell’apposita macchinetta un mazzetto di cartellini marcatempo.

Due arresti in flagranza Due medici sono stati arrestati in flagranza dai carabinieri che li hanno sorpresi nelle loro abitazioni dove avevano fatto ritorno dopo aver timbrato il badge del presidio ospedaliero di via Dalmazia. I militari, che erano nella struttura sanitaria per le notifiche legate all’inchiesta sfociata oggi con altri 24 arresti, hanno notato i due dirigenti medici timbrare il cartellino e andare via. Nel successivo controllo hanno accertato che erano tornati a casa.

Truffa al sistema Si sono riflesse "sull’efficienza di quel presidio pubblico" le illecite condotte dei dipendenti dell’Asl di Brindisi che, nell’orario di lavoro, hanno svolto svariate incombenze di natura privata. Lo rilevano gli investigatori sottolineando che la struttura sanitaria, "nel disattendere le alte funzioni socio-assistenziali demandate, ha progressivamente eluso le richieste di esami diagnostici in tempi ragionevoli".

Ciò ha determinato "la migrazione degli utenti verso strutture convenzionate con conseguenti incidenze finanziarie sul servizio sanitario nazionale, ovvero il ricorso a professionisti privati con aggravi economici per i singoli pazienti".

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