Erica Orsini
da Londra
«Con me il partito resterà al centro della scena politica. Sono certo che la mia esperienza e i miei valori mi daranno la forza di prendere anche le decisioni più ardue». Nessuna sbrodolatura, nessuna mezza frase lasciata in sospeso, niente mezze misure. Ha parlato già da premier il cancelliere Gordon Brown nel suo attesissimo intervento al congresso annuale laburista che si è aperto domenica a Manchester, proponendosi alla platea come successore naturale di Tony Blair. Una quarantina di minuti in cui lamico e avversario del primo ministro ha voluto far capire soprattutto che non intende più far da spalla a qualche altro leader, tantomeno a Blair.
«E venne il turno di Gordon», titolavano ieri i tabloid britannici soltanto qualche ora prima del suo discorso. Frasi ad effetto che già lasciavano intuire i toni di quello che è considerato lintervento più importante dellintera settimana. Più ancora di quello di Blair, in fondo, rivelatosi abbastanza prevedibile. Nella sua relazione dapertura, accompagnato da un vivace corteo di manifestanti che chiedevano il ritiro dallIrak e dallAfghanistan, il Premier si era rifiutato di appoggiare Gordon, anche implicitamente, rivelando come le tensioni tra di loro siano ben lungi dallessersi allentate.
«Non mi sembra questo il contesto adatto a parlare di successione», aveva commentato gelidamente invitando i delegati a concentrarsi sui programmi piuttosto che sulle persone. Una mossa, la sua, che era stata ampiamente preannunciata dai quotidiani proprio pochi giorni prima del congresso e che appare come lestremo tentativo di un leader uscente di legare mani e piedi al suo successore costringendolo a portare a termine strategie politiche già avviate. Sistema astuto, insomma, per rimanere al numero 10 di Downing Street, almeno virtualmente, mantenendo molta più voce in capitolo di quanto i suoi colleghi ed ex amici ora siano disposti a concedergli. A partire, ovviamente, da Brown.
Le parole che il cancelliere ha pronunciato ieri rappresentavano una sfida vitale per il suo futuro politico che mai come in queste settimane appare sospeso a un filo. Se Blair non piace più come una volta, neppure Gordon riscuote entusiastici consensi e lannuncio delle dimissioni anzitempo strappato al primo ministro non sembra aver giovato alla sua immagine politica di uomo integro, al di sopra di ogni sospetto. Per sfondare e guadagnarsi la fiducia della platea il cancelliere ha così sfoderato una nuova grinta, adatta a qualcuno che sta per liberarsi dei vestiti vecchi, indossati ormai da troppo tempo.
Nel rilanciare la sfida ai conservatori di David Cameron, attualmente favoriti nei sondaggi, Brown ha poi toccato ogni aspetto del programma politico generale; istruzione in primo piano, ma anche economia nazionale e sanità, passando poi al piano internazionale e sottolineando gli sforzi fatti e da fare nella lotta al terrorismo. Persino i temi ecologici hanno trovato posto nella sua relazione che però ha tralasciato di soffermarsi sul terreno troppo scivoloso dellEuropa. Un argomento che già si era rivelato il tallone dAchille di Blair e sul quale Brown preferisce soprassedere per evitare di perdere consensi.
Il nuovo Brown sembra essere piaciuto più del vecchio. «È stato il discorso di un primo ministro reggente ha commentato il delegato laburista John McFall , chiunque volesse sfidarlo nella corsa alla successione, dovrebbe essere molto abile». Adesso, insomma, rimane da convincere solo lopinione pubblica nei confronti della quale il cancelliere sta perdendo terreno.
Secondo un sondaggio YouGo, soltanto il 27% degli interpellati ritiene che Brown possa rivelarsi un buon primo ministro e il 32% gli preferisce ancora Blair. In quanto a popolarità, il cancelliere è secondo anche al leader dei conservatori Cameron che, nello stesso sondaggio, ha ottenuto il 30% dei consensi.
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