
Le intenzioni sono chiare. Già il fatto che un concerto a San Siro inizi alle 20, invece delle solite 21, dovrebbe rendere bene l'idea di come sarà stasera 30 giugno il primo dei due concerti milanesi di Bruce Springsteen (il prossimo è il 3 luglio). Tre ore e rotte di rock. Teso. Trascinante. A tratti commovente.
Dopotutto il rapporto di Springsteen con lo stadio milanese non è proprio nato ieri visto che ci ha cantato la prima volta nel 1985, per l'esattezza il 21 giugno, e quindi sono quarant'anni che, a ritmi abbastanza fissi, lui e la E Street Band passano a mostrare il loro campionario di storie e canzoni a uno stadio che, regolarmente, è tutto esaurito e regolarmente si svuota tra gli applausi. Anche stavolta sarà così e non è un caso che i biglietti siano introvabili da mesi. Springsteen vuol dire garanzia, anche se il presidente Trump lo ha definito da poco "una prugna secca" (è noto che il Boss è vicino ai democratici) e qualcuno ha avanzato critiche sul presunto utilizzo (eccessivo) di accorgimenti estetici per attenuare l'impatto dei suoi 75 anni. Ma poco importa. Quando si accendono gli amplificatori, la musica diventa protagonista, come hanno confermato anche i concerti di questo tour europeo, iniziato il 16 maggio a Manchester con una bella dose di politica ma, soprattutto, un pacchetto di canzoni che non sono mai le stesse. Nelle scalette di Springsteen c'è sempre un cuore di brani inamovibili intorno ai quali girano poi quelli scelti all'ultimo prima di salire in scena o, addirittura, proprio durante lo show. Certo, stavolta sarà un po' più difficile improvvisare visto che sul palco non ci sarà la sua "spalla" storica, ossia Steve Van Zandt detto Little Steven, ricoverato e operato qualche giorno fa per un attacco di appendicite. In ogni caso, è quasi impossibile snocciolare con esattezza l'elenco delle canzoni. Si può solo immaginare. Tre giorni fa, a Gelsenkirchen in Germania, ha iniziato con No surrender, My love will not let you down e Land of hope and dreams. A San Sebastian, in Spagna, aveva invece iniziato con Lonesome day mentre il concerto si è chiuso con Twist and shout e Chimes of freedom di Bob Dylan.
In fondo, il bello di Springsteen è proprio questo. Ha un centinaio di brani pronti che ruotano nei suoi concerti. Quando non lo fa, come spesso è accaduto nell'ultimo tour di un paio d'anni fa, il pubblico mugugna. Già, il pubblico del Boss. Forse è uno dei più fedeli e preparati di tutto il panorama rock e resta attentissimo a ogni dettaglio, individuando modifiche o variazioni che neanche un musicista esperto riuscirebbe a intercettare.
Adesso poi che sono stati pubblicati i 7 dischi inediti compresi nel cofanetto Tracks II: the lost albums, l'interesse investigativo degli "springsteeniani" si è acceso ancor di più. A San Siro canterà qualcuna delle 83, dicesi 83 nuove canzoni? Difficile. Springsteen magari improvvisa, ma non confonde la platea con brani che non conosce perché appena usciti.