Diego Pistacchi
Il maniaco dellascensore non si trova, la procura decide di mettere sotto controllo la stampa per tutelare i sospetti. Era atteso, il vertice anti-mostro che si è tenuto ieri a palazzo di giustizia tra i magistrati, il questore Salvatore Presenti e il comandante provinciale dei carabinieri Mariano Mossa. In pratica il pool che dà la caccia al bruto giunto martedì al suo ventunesimo agguato. Quel pool che da ieri è ufficialmente unito, che da ieri ha ufficialmente superato le rivalità «che non ci sono mai state». Insomma, lincontro ha prodotto due risultati concreti: tutte le informazioni verranno ora scambiate tra gli inquirenti che lavorano con divise diverse, e le stesse informazioni non dovranno più trapelare sui giornali.
Lobiettivo dichiarato anche dal procuratore capo Francesco Lalla è quello di «tutelare i sospetti». A informare i genitori delle ragazzine genovesi e le stesse potenziali vittime, a mostrare alla città quella che è ormai la vera faccia del mostro finora ci avevano pensato soprattutto i giornali che, facendo andare su tutte le furie gli stessi magistrati, avevano pubblicato gli identikit dellaggressore. Con il risultato che, mentre il maniaco è ancora libero di colpire, un po di indagati ci sono già. E sono tutti giornalisti, rei di aver informato i genovesi. Di aver anticipato quello che poi le stesse forze dellordine hanno dovuto decidere di fare, cioè diffondere limmagine del sospetto nel modo più capillare possibile, nella speranza di avere informazioni utili e soprattutto di mettere in guardia le adolescenti che rincasano da sole. Da ieri, solo il pubblico ministero Giovanni Arena è titolato a dire di cosa potranno essere informati i genovesi e di cosa no. Per «tutelare i sospetti».
È vero infatti che nella caccia al bruto dellascensore le forze dellordine hanno dovuto seguire e abbandonare diverse piste. E che qualcuno è stato messo sotto stretto controllo se non addirittura interrogato. Tra le ipotesi prese in considerazione ce ne sono anche due abbastanza precise. Una porta a un netturbino genovese che lavora per lAmiu nella zona del ponente, la stessa dove il bruto ha già colpito due volte, e che in passato aveva lavorato a San Fruttuoso, dove cè stata la più altra concentrazione di agguati. È un ragazzo che corrisponde alla descrizione dellidentikit e che avrebbe già confessato a qualche collega il timore di essere sotto controllo. Il maniaco però è entrato in azione quando già questo giovane sapeva di essere tenuto docchio e la cosa potrebbe allontanare molti sospetti. E poi si sta lavorando anche su un vecchio caso di aggressioni simili avvenute a Torino due anni fa. Per questo in procura si intende «tutelare i sospetti».
Eppure le forze dellordine dispongono del Dna del mostro, una traccia inconfondibile ricavata sul luogo di tre diversi agguati. Per tutelare i sospetti è sufficiente mandare loro un avviso di garanzia, eseguire il test del Dna, e scagionarli senza che i loro nomi vengano mai neppure citati. Così come ci sono molti modi di ottenere elementi organici del possibile responsabile senza che neppure se ne accorga e, in caso di comparazione positiva con il Dna «vero», si potrebbe poi procedere alla sua incriminazione formale e alla ripetizione di tutti i test. Di questo si sarà certamente discusso ieri, una volta costituito il super pool «antimostro». Ma il messaggio più forte è stato quello ribadito dal procuratore capo Francesco Lalla: «Si è discusso di mettere a punto un coordinamento tra le forze dell'ordine, della magistratura, e anche nei riguardi della stampa in modo da non compromettere le indagini».
Eppure proprio sullaiuto di tutti i cittadini, sul tam tam reso possibile dallinformazione più capillare sembrano basarsi le maggiori probabilità delle forze dellordine di fermare finalmente il mostro. Molti si sono resi disponibili, unassociazione di volontariato ha addirittura istituito un numero verde (800.329.166) per raccogliere dettagli e suggerimenti utili da girare a polizia e carabinieri.
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