La principale piazza di Bogliasco aveva questa intitolazione: «26 aprile a ricordo della battaglia contro i tedeschi», e per fortuna lattuale sindaco, Luca Pastorino, del centrosinistra, le ha cambiato nome dedicandola «alla guerra contro i nazi-fascisti». Ma fu vera battaglia o guerra che dir si voglia?
Da appassionato di storia ne dubito alquanto, anche se in quel periodo, pur essendo bogliaschese di nascita e di origine almeno materna, ero sfollato a Levanto e nel 1945 avevo soltanto unidici anni. La guerra, però, purtroppo lho vissuta e la ricordo piuttosto bene. A volte, per fortuna non spesso, soffro di incubi per quel tristissimo e crudele periodo.
Ho raccolto svariate testimonianze fra cui quelle di mio cugino, già ufficiale del Regio Esercito e poi appartenente alla Resistenza; di un mio carissimo amico, residente come me attualmente a Rapallo e che con cui ci frequentiamo quasi giornalmente, e di molti altri, purtroppo alcuni ormai scomparsi, che hanno vissuto quel «brutto periodo».
Sulla base delle diverse testimonianze, raccolte per la maggior parte in passato, vorrei cercare di raccontare la vera storia di quello scontro armato. Non per spirito revisionistico, come oggi si fa, a proposito o sproposito, per denigrare la Resistenza, tra laltro ho la massima stima del mitico Bisagno - Aldo Gastaldi, il primo partigiano dItalia, di Franchi Edgardo Sogno e di Bini - Giovanni Serbandini -, appartenenti a diverse formazioni e di idee politiche diverse, ma autentici, onesti eroi della Resistenza. Rievoco quegli avvenimenti per puro amore della realtà e perciò veniamo ai fatti.
Prima, però, voglio premettere alcuni episodi peculiari e che dimostrano ancora una volta la fantasiosa interpretazione di quella data.
Il 24 o il 25 o forse il 23 un gigantesco soldato tedesco armato, ma con le mani alzate, voleva arrendersi, ma non trovò nessuno disposto ad accettarlo perché tutti fuggivano o temevano qualche improbabile reazione. Alla fine il teutonico si arrese consegnando le armi al quasi ottantenne arciprete di Bogliasco, monsignor Andrea Dellepiane, il quale, unico, aveva avuto il coraggio di affrontare il pur arrendevole nemico.
Più o meno negli stessi giorni uno dei territoriali tedeschi di «Villa Marietta», o di «Villa Regno» o anche di «Villa Ceriana», non sapendo a chi arrendersi in una delle principali vie di Bogliasco (lattuale via Mazzini) cercava di liberarsi delle armi e dellabito militare in cambio di quello civile e vide un cittadino di Bogliasco, cugino di un mio amico, il quale a buon diritto rispose «armi nun ne voggiu» e si allontanò, rifugiandosi a casa sua. Non si sam a chi il tedesco si arrese o potè arrendersi e forse fu proprio quello che si arrese allarciprete.
Di questi esempi ne potrei citare altri, ma non mi sembra il caso, anche perchè esulano dallevento principale.
Insomma il 26 aprile una colonna tedesca, munita di armi piuttosto potenti, con truppe ancora in buono stato, un autoblindo e altre vetture militari, preceduto da una motocicletta con mitragliatrice pesante, stava giungendo a Bogliasco per recarsi a Recco in modo da congiungersi con altre forze per ritirarsi attraverso la statale della Fontanabuona e procedere verso il Nord.
La colonna proveniva da Nervi (è da ricordare che allHotel Eden di Capolungo risiedeva un importante comando della Wermacht) ed era piuttosto deciso nel suo intento, tanto che giunse poi a Recco dopo aver subito uno scontro piuttosto violento con formazioni partigiane nei pressi di Sori.
Mio cugino, che in qualità di ex tenente del Regio Esercito comandava il gruppo dei partigiani, assieme ad un altro ex ufficiale ora scomparso, appostato nei pressi di Villa Porrini, situata nellattuale via Pontiroli, gridò, più o meno, queste parole: «Non sparate. Lasciateli andare. Intanto tutto è finito dal momento che gli Alleati sono vicinissimi. Questi tedeschi finiranno per arrendersi ed essere catturati».
Ma qualcuno o per non avere sentito lodore o per spavalderia o, chissà forse, anche per paura, aprì il fuoco. Lautoblindo prese a mitragliare in direzione degli spari e colpì a morte un ex bersagliere, che si era rifugiato tra i partigiani, senza dubbio uno dei pochi che sapeva maneggiare bene le armi. Il povero giovane si chiamava Giuseppe Zanchetta ed alla sua memoria è stata dedicata una targa allinizio del comune di Bogliasco ai confini con Genova.
Nel conflitto a fuoco i partigiani riuscirono a colpire qualche soldato tedesco. I feriti furono raccolti dagli stessi combattenti e caricato sullautoblindo e sulle vetture che seguivano. Non si seppe se vi furono morti tra i germanici.
Tra i partigiani, invece, risulta che uno o due furono i feriti, oltre al povero bersagliere partigiano che perse la vita.
Lamico, che ho già citato e di cui ho raccolto la testimonianza, mi ha raccontato, e recentemente me lo ha confermato, che era stato incaricato da un suo superiore (si fa per dire), certamente non dotato di grande coraggio o di dote di comando, di stabilirsi nei pressi di Villa dei Fiori, con altri due o tre coetanei, tutti giovanissimi e senza dubbio non troppo esperti di armi. Avevano il compito di sparare appena i tedeschi fossero comparsi.
Il «prode» capo li lasciò soli adducendo non si sa quale missione da compiere. Il mio amico con gli altri appena vide la potente colonna tedesca avanzare e che sparava da tutte le parti opportunamente, trovando il cancello della villa semiaperto per puro caso, si incamminò per il lungo viale, avendo cura di chiudere il passaggio.
La sua accorta condotta (ma poi perchè avrebbe dovuto sparare con gli altri due o tre giovanissimi, magari rimettendoci la pelle, mentre il suo «coraggioso superiore» se lera data a gambe) con molta probabilità, anzi senza dubbio, gli salvò la vita. Del resto con due o tre uomini cosa avrebbe potuto fare contro la forte formazione teutonica. Questi sono in sintesi gli avvenimenti definiti «la battaglia sostenuta dalla popolazione bogliaschese contro i nazi-fascisti».
Se non si trattasse di fatti drammatici e che ebbero come risultato un bilancio pesante di morti e feriti, ci sarebbe da ridere per non dire «cadere nel ridicolo».
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