Milano - Esasperato. Ma per nulla rassegnato. Emilio Fede scrive direttamente al procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati mettendo in fila le continue fughe di notizie e descrivendo il «massacro umano, fisico e professionale» subito per mesi. Il testo arriva mentre è in pieno svolgimento l’udienza preliminare in cui i pm chiedono il rinvio a giudizio di Fede, di Nicole Minetti e di Lele Mora per reati gravissimi come l’induzione e il favoreggiamento della prostituzione anche minorile. Di più, in aula, lunedì, Pietro Forno ha appioppato a ciascuno dei tre un ruolo preciso, semplificando come in un fumetto la ripartizione dei compiti alla corte del bunga bunga. Per il procuratore aggiunto, Mora, oggi detenuto per bancarotta, era «l’arruolatore», la Minetti «l’amministratrice del bordello» e il direttore del Tg4 «il fidelizzatore». Colui che verificava l’affidabilità delle ragazze.
Un biglietto da visita che fa a pezzi il chilometrico curriculum di una vita passata fra giornali e tv. Come se non bastasse, in aula, il gip ha concesso a due ragazze che Fede avrebbe portato ad Arcore e che da Arcore erano scappate sbigottite, l’ok alla costituzione di parte civile. Prede dunque proprio di Fede e della sua bramosia. E per questo titolate a chiedere i danni per la sofferenza e le umiliazioni patite. Ambra Battilana e Chiara Danese sarebbero state considerate come meretrici, ma Fede a questo punto non ce la fa più e contrattacca: «Il caso delle due ragazze pentite, la cui costituzione di parte civile è stata accolta, mi pone drammatici dubbi su quale potrà essere il percorso fino al processo».
Per Fede si spacciano falsità con ritmi da catena di montaggio. E Ambra Battilana, difesa fra l’altro dalla senatrice dell’Idv Patrizia Bugnano, avrebbe inventato una narrazione che non contiene un solo elemento di verità: «Ambra Battilana, celebrata oggi come vittima di persecuzioni ad Arcore, aveva dichiarato in un’intervista: “Bunga bunga? No, col premier solo spaghetti e karaoke”. E ancora: “Di inviti ne ho ricevuto uno solo. Sono andata e sono tornata a casa. Ho la coscienza a posto e ne posso parlare tranquillamente”».
Invece nei mesi scorsi Ambra ha messo a verbale i presunti pesanti approcci di Fede e ora riceve pure la patente di vittima, come e più delle prostitute vere trattate come carne da macello. E Forno in udienza si sofferma sul «bacio saffico» fra Ruby e la Minetti, una scenetta sulla cui genuinità il magistrato non ammette dubbi, perché «sappiamo che il fruitore finale aveva interesse a questo tipo di condotte».
Il quadro si fa sempre più pesante. Insostenibile per Fede: questa situazione «mi pone anche il dubbio di dovermi presentare - chissà un giorno - davanti a un tribunale che possa giudicarmi anche sulla base di episodi come quello di un “pentitismo” a dir poco sospetto».
Il direttore del Tg4 chiede dunque di verificare la spontaneità di certe corse in procura. E reclama uno stop al flagello della pubblicazione a rate, come in una soap, delle carte. «Eviti lei - è la preghiera finale a Bruti Liberati - di difendere l’indifendibile».
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