Politica

«È un buon punto di partenza ma la strada è ancora lunga»

La comunità islamica spaccata sul provvedimento. Il leader del Coreis Pallavicini: «Siamo contenti di lavorare col governo»

Francesco Kamel

da Roma

L'istituzione della Consulta per l'islam italiano riscuote consensi nel mondo politico mentre dalle organizzazioni dei musulmani italiani giungono, oltre ai ringraziamenti al ministro Pisanu, anche critiche per un organismo consultivo ma non «rappresentativo».
Il vicepremier Gianfranco Fini dice di «condividere pienamente la decisione di Pisanu di istituire la Consulta. È una scelta degna di considerazione e plauso, perché occorre il dialogo con chi tra i musulmani è disposto ad accogliere le nostre regole e a condividere i nostri valori». Per Francesco Giro, di Forza Italia, con questo provvedimento «il governo ribadisce ancora una volta una linea favorevole al dialogo interreligioso e culturale con l'islam moderato e non fondamentalista». Sulla stessa linea il presidente del Comitato parlamentare Schengen, Alberto Di Luca (Fi), che esprime «apprezzamento» per la decisione di Pisanu. Anche dall'opposizione arrivano consensi. Per Luigi Manconi (Ds) «l'iniziativa è sicuramente positiva. Essa costituisce una delle condizioni indispensabili per una progressiva integrazione dei musulmani nella società italiana».
Tra i musulmani italiani i giudizi sono invece fra i più vari. L'istituzione della Consulta è un «atto di lungimiranza e di grande saggezza» per Mario Scialoja, presidente della Lega Musulmana Mondiale-Italia, che aggiunge: «Pisanu si è mosso secondo le linee da lui stesso indicate fin dall'inizio, vale a dire verso una consulta che è un organismo consultivo, come dice il nome, e non rappresentativo». Commenti positivi anche dalla Comunità religiosa islamica (Coreis). «Siamo contenti di iniziare a lavorare insieme al ministro» dice il presidente Yahya Pallavicini.
Più prudente l'Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii). «Aspettiamo di leggere il testo del decreto e i nomi che saranno scelti - dichiara il presidente Mohammed Dachan -. Poi potremo commentare con maggiore serenità». Per il vicepresidente Roberto Hamza Piccardo «il percorso scelto da tempo da Pisanu non è quello di rapportarsi correttamente con gli attori sociali, ma quello di decidere lui sulla base di quello che gli dicono alcuni consulenti». Per il presidente dell'Istituto culturale islamico di viale Jenner a Milano, Abdel Hamid Shaari la consulta è «un passo in avanti» ma «non è rappresentativa dei musulmani in Italia». Sherif El Sebaie, segretario del Coordinamento immigrati Torino ritiene che «parlare di una consulta islamica può risultare discriminatorio nei confronti delle altre religioni e comunità» e ricorda che «la Costituzione italiana stabilisce che i rapporti tra lo Stato e le comunità vadano regolati con un'intesa e non da consulte».
Lontano, dal Marocco, arriva il commento di Bouriqi Bouchta, l’imam di Torino espulso cinque giorni fa. Bouchta non crede nella consulta e torna a criticare la scelta di chiudere la scuola di Milano. «Non hanno il diritto di rovinare il percorso di studio dei bambini. Quella scuola serve alle famiglie che non hanno intenzione di rimanere in Italia più di qualche anno. A Torino ho tre figli maschi. Non conoscono l’arabo scritto e qui in Marocco non potrebbero continuare a studiare. È per questo che siamo rimasti a Torino, anche se da tempo volevamo tornare a casa». Qui, in Italia, è rimasto il fratello, Abdrahmane Bouriqi. «La Consulta per l'islam italiano - commenta Abdrahmane - a Bouchta non servirà. Forse servirà in futuro ad altri.

Per istituire il nuovo organismo ci vorrà tempo e dubito possa intervenire su cose passate».

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