Una buona Pasqua nella famiglia del Giornale

(...) e di Oreste Pittaluga ogni volta che passo da Quinto, le parole degli amici che incontro per strada a Certosa come in centro, a Voltri come a Castelletto, ad Albaro come a Carignano. Ecco, detto tutto: ho detto «amici» prima di dire «lettori». E i due concetti convivono e spesso coincidono.
Ultima osservazione: ogni tanto, qualcuno se ne va. Ma rivive nei ricordi di altri lettori, di altri amici. Se devo scegliere qualche parola dolcissima fra tante parole dolcissime che ci scrivete, scelgo quelle che dedicate ai vostri affetti scomparsi. Ad esempio, quelle di Remigio Vercellino, un nostro amico savonese, che ha condiviso con noi «la peggiore disgrazia che mi ha prostrato terribilmente», cioè «la perdita della mia amatissima moglie dopo settant’anni di conoscenza e di matrimonio». Parole che la fanno rivivere nel più bello dei modi.
Allo stesso modo, mi piace ricordare il professor Vincenzo Odello, probabilmente il ginecologo che ha fatto nascere più bambini a Genova, e soprattutto persona straordinaria. Ricordo con un piacere infinito una sua visita in redazione, solo per conoscerci e per dare un volto alle nostre firme. Ricordo con ancora più piacere una sua telefonata dopo una lettera in cui venivo accusato per non essere asserragliato nella difesa di tutti i bunker del centrodestra, ovviamente non quando è giusto difenderli e per cui ci spendiamo senza risparmio, ma persino quando sono indifendibili. Il professore mi chiamò per dirmi: «Per quel che può valere, sono orgoglioso di lei e di un giornale così, che ragiona con la forza delle idee e non con quella degli schieramenti».


Ecco, mi piacerebbe che Odello leggesse questo articolo dal paradiso dei giusti, che si è meritato come pochi altri, come mi hanno raccontato anche tante mamme che ha aiutato. Vorrei abbracciarlo ancora.
Buona Pasqua a tutti voi. E grazie.

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