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Bush accusa: Siria e Iran responsabili della crisi

«Il loro comportamento è una minaccia per il Medio Oriente». Gli Usa inviano a Israele «bombe intelligenti» a guida laser

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Bush si spiega sempre meglio. Ha approfittato anche del tradizionale «colloquio» radiofonico del sabato per ribadire e precisare la posizione dell’America nella crisi del Libano. Che è più che mai di pieno appoggio a Israele. Con le parole e anche con i fatti. Proprio nelle ore in cui l’uomo della Casa Bianca ribadiva il diritto «di ogni nazione sovrana, inclusa dunque Israele, a difendere la sua popolazione dagli attacchi terroristici e a intraprendere le azioni necessarie per prevenirli» e condizionava il ritorno alla pace, pur auspicato, a una soluzione definitiva che elimini la presenza militare di Hezbollah alla frontiera con lo Stato ebraico, il New York Times ha rivelato (e nessuno ha smentito né sembra intenzionato a farlo) che l’amministrazione Bush si sta affrettando a consegnare a Israele un nuovo tipo di bomba telecomandata ad alta precisione e con guida laser. La notizia è confermata da fonti del Pentagono, che precisano che si tratta di «bombe satellitari» dotate di precisione molto maggiore e che dovrebbero permettere agli israeliani di colpire i «bunker sotterranei blindati» in cui da tempo si dice che si nascondano le centrali operative di Hezbollah nel Libano meridionale. Un argomento a latere è che l’uso di tali ordigni, simili ai famosi «missili intelligenti» delle guerre in Afghanistan e in Irak, permetterebbe di «limitare il numero delle vittime civili».
La fornitura è parte di un «pacchetto» concordato fra Washington e Gerusalemme già l’anno scorso, ma l’anticipo nelle consegne pare confermare e chiarire ancora di più che Washington non considera ancora conclusa la fase militare e dunque le ostilità nel Libano e non intende intraprendere nulla per portarla a una conclusione «immatura». E ciò nonostante che l’America deplori (e Bush lo ha fatto di nuovo) le conseguenze per il Libano, che non sono soltanto umanitarie ma politiche, perché viene destabilizzata una giovane democrazia la cui creazione era stata salutata con tanto favore e tanto entusiasmo anche a Washington. «Questo - ha detto Bush - è un banco di prova difficile per la popolazione libanese, anche perché la strategia degli Hezbollah comprende l’uso di nascondere gli arsenali in aree abitate dai civili. Ciò dimostra che questi gruppi non vogliono il bene del Libano ma anzi lavorano per destabilizzarlo». Gli Stati Uniti, naturalmente, continueranno a lavorare «perché si torni alla Road Map verso la pace nel Medio Oriente, unica via per dare stabilità all’area e permettere la convivenza pacifica di Israele con uno Stato palestinese».
Ma le novità dell’allocuzione di Bush sono altre: per la prima volta il presidente ha preso di petto la Siria e l’Iran, indicandole espressamente come responsabili della guerra in Libano. L’accenno a Damasco non contiene dati nuovi: Bush denuncia una situazione nota da decenni e cioè che «la Siria è stato il primo sponsor di Hezbollah» fin da quando il gruppo estremista è stato formato nel 1982 poco dopo l’occupazione israeliana del Libano meridionale. Adesso il presidente americano si spinge fino a giustificare preventivamente un’eventuale estensione al territorio siriano degli attacchi israeliani, perché le nazioni sovrane hanno il diritto non soltanto di difendersi dai terroristi ma anche di «intraprendere le azioni necessarie per prevenire il loro assalto». Ancora più significativo l’accenno all’Iran: mentre Damasco «ha garantito la fornitura delle armi», Teheran le ha prodotte. «E si tratta dello stesso regime che ha più volte sfidato la comunità internazionale con il suo sostegno ai gruppi terroristici e i suoi programmi nucleari». Il comportamento siriano e iraniano «rappresenta una minaccia per l’intera area mediorientale».

Un monito che va al di là dei pur drammatici eventi nel Libano.

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