George W. Bush in un angolo, Bill Clinton nell'altro. Al centro del ring un arbitro di eccezione, l'ex ambasciatore canadese a Washington Frank McKenna. E intorno una folla di 6mila spettatori, appassionata ed esigente, non fosse che per il prezzo del biglietto. Salatissimo. Ben 2.500 dollari per i posti migliori, 200 per i "popolari" del Metro Convention Centre di Toronto. D'altronde gli organizzatori lo avevano presentato come l'incontro del secolo. E in un certo senso non mentivano, perché i due ex presidenti non avevamo mai dibattuto in pubblico e quella di venerdì sera era una "prima" assoluta. Uno repubblicano, l'altro democratico. Il primo nel mirino dell'opinione pubblica per le polemiche, ferocissime, sulla tortura. Il secondo sempre più legato all'amministrazione Obama tramite la moglie, Hillary, segretario di Stato e dunque capo della diplomazia. Due mondi, due stili, due visioni della vita completamente diversi.
Ma sono bastati pochi secondi del primo round per capire che non si sarebbero visti ganci, né diritti, né colpi bassi. Nessun corpo a corpo. Anzi, sì, ma solo per scambiarsi effusioni e incoraggiamenti. Come accade tra due vecchi amici; tra due membri dello stesso club. Alla fine il pubblico li ha applauditi, educatamente, ma è sciamato via un po' deluso e con l'insolita impressione di una continuità politica tra presidenti di destra e di sinistra, che litigano sui temi marginali o su quelli più spettacolari, ma poi finiscono per condividere e perpetuare le scelte cruciali per l'America. E che, una volta terminato il mandato, si sostengono a vicenda.
Bush ha debuttato raccontando un aneddoto. Bill e suo padre, George senior, hanno collaborato così intensamente per raccogliere fondi dopo disastri naturali come lo tsunami o l'uragano Kathrina, che sua madre Barbara ormai considera Clinton come un figlio. «Dunque, fratello, mi fa piacere vederti», ha detto George. La battuta è buona, ma la serata è andata avanti su questa falsa riga.
Bill ha elogiato le iniziative del suo successore nella lotta contro l'Aids e il coraggio dimostrato nominando ministri di colore, come Condoleezza Rice e Colin Powell, che hanno contribuito a sradicare gli ultimi pregiudizi razziali. Poi, commosso, ha riconosciuto che se avesse inviato 20mila soldati in Ruanda avrebbe potuto salvare 250mila o addirittura 400mila delle 800mila persone uccise nel 1994. «È uno dei miei due o tre più grandi rimorsi». Ma subito Bush lo ha rincuorato. «Facile dirlo adesso, allora non potevi fare di più».
Clinton si è lanciato in un'appassionata difesa dell'ambiente definendo «una calamità il riscaldamento globale», ma si è ben guardato dal biasimare Bush, che non ha mai creduto all'effetto serra. George si è rifiutato di criticare Obama e ha elogiato Clinton per aver fatto altrettanto con lui. E Bill ha ricordato che il primo a mostrarsi rispettoso era stato Bush senior. Solo sulle nozze gay e sull'Irak è emersa qualche discrasia; ma lieve, all'acqua di rose. «Sarebbe stato meglio dare più tempo agli ispettori dell'Onu», «no, bisognava cacciare subito Saddam Hussein». Per il resto sintonia totale.
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