Bush invia l’esercito a fermare gli immigrati

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

L’esercito muove verso la frontiera. L’esercito americano, ma la frontiera non è, per questa volta o per ora, nel Medio Oriente: è quella di casa. Non è al confine con l’Iran ma a quello col Messico. Bush l’ha annunciato la notte scorsa in un messaggio alla nazione. Ha specificato che non si tratta di una misura ostile verso il vicino, che «resta un buon amico» (lo ha ripetuto poche ore prima del discorso televisivo in un colloquio telefonico con il presidente messicano Fox), ma di una «misura temporanea» per mettere sotto controllo il flusso della immigrazione illegale. Nei prossimi giorni migliaia di militari prenderanno posizione alle frontiere con il Messico, del Texas, del New Mexico, dell’Arizona e della California. Tecnicamente non si tratterà di reparti dell’esercito federale, bensì di reparti della Guardia Nazionale di questi quattro Stati e probabilmente anche di altri che vengono «federalizzati» per l’occasione, secondo un metodo applicato in diverse altre occasioni, per esempio durante i tumulti razziali degli anni Sessanta nel Profondo Sud ma che è diventato quasi di routine da quando le truppe americane in Irak hanno bisogno di rinforzi.
La minaccia stavolta è alle porte di casa: sono da undici a dodici milioni gli immigranti penetrati illegalmente negli Stati Uniti. Il fenomeno non è nuovo ma si è acutizzato negli ultimi anni e da qualche mese ha occupato il centro del palcoscenico della vita politica Usa. Finora la penetrazione di illegal aliens era stata indirettamente accettata lungo i più di milleduecento chilometri di confine. In varie occasioni, anzi, incoraggiata, almeno nei periodi in cui l’economia degli Stati Uniti fiorisce particolarmente in fretta. Hanno preso corpo così due iniziative, una parlamentare, l’altra a livello locale. In quest’ultima i legislatori e i governatori degli Stati direttamente interessati si sono dedicati a progettare o a costruire delle barriere, che vanno impropriamente sotto il nome di «muri» un po’ sul modello delle analoghe misure prese in Israele lungo la linea di demarcazione con le zone che Gerusalemme si prepara a restituire agli arabi.
Il progetto americano corrisponde a una situazione molto meno drammatica ma ha dimensioni enormi, vista la grande estensione della frontiera, che rende difficile alle polizie statali di affrontare questa «invasione». Contemporaneamente sono stati presentati diversi progetti di legge al Congresso. Due, in particolare, sono centrali. Il primo, elaborato dalla Casa Bianca e sostenuto da una parte del Partito repubblicano, è alquanto articolato e comprende sia strumenti per rendere i confini «meno porosi» ma anche l’innovazione di uno status intermedio fra legale e illegale, con la concessione di milioni di documenti temporanei sul modello adottato da mezzo secolo in Germania e che va sotto il nome generico di Gastarbeiter (lavoratori ospiti).
Il progetto concorrente è invece stato preparato dagli elementi più conservatori nel Partito repubblicano e si limita a «rafforzare le difese», cioè a una serie di giri di vite alla frontiera e alla deportazione degli immigranti colti sul fatto a violare le regole. Un contrasto che riflette due esigenze contrapposte dell’America: da un lato rendere le frontiere «più sicure» frenando l’immigrazione, dall’altro garantire un continuo afflusso di manodopera alle industrie tenendo contemporaneamente bassi i salari. Su questi due documenti incombe la minaccia di una «guerra fratricida» fra repubblicani, che sarebbe molto imbarazzante alla vigilia delle elezioni di novembre per il Congresso.
Quella che Bush tenta è in realtà una mediazione, anche a fini elettorali: per ristabilire l’unità del partito e riconquistare almeno una parte dei consensi che sono venuti a mancare negli ultimi mesi o anni soprattutto a causa della guerra in Irak.

L’«approvazione» per Bush è scesa ai minimi storici, ma una battaglia sull’immigrazione restituirebbe al partito una parte del consenso e a Bush l’aureola di «uomo deciso» che era stata plebiscitariamente sua nei primi mesi dopo la strage terroristica delle Torri Gemelle.

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