Alberto Pasolini Zanetti
da Washington
LAmerica vuole una nuova risoluzione dellOnu, che contenga «regole di ingaggio chiare». Ma lAmerica vuole anche che la forza di pace arrivi nel Libano al più presto. E «le forze di Hezbollah a un certo punto dovranno essere disarmate se si vuole ottenere unautentica pace nel Libano e il successo della democrazia». LAmerica non parteciperà alla forza internazionale ma fornirà assistenza logistica e stanzierà 230 milioni di dollari «per fini umanitari, per la ricostruzione del Libano e per laddestramento delle truppe dellesercito nazionale». LAmerica infine manterrà la pressione sullIran, che non solo lavora per darsi larma nucleare, ma sponsorizza attivamente Hezbollah e in genere la «versione radicale dellIslam».
In questi termini George Bush ha sintetizzato ieri latteggiamento di Washington nei confronti della crisi libanese, nella prima (e presumibilmente ultima) conferenza stampa tenuta nel mese di agosto. La sua dichiarazione e le sue risposte ai giornalisti non contengono vere novità ma rappresentano uno sforzo per chiarire almeno il punto di vista americano nel nuovo, aggrovigliato capitolo del Medio Oriente. Il linguaggio del presidente è stato fermo nei princìpi ma è apparso più malleabile nellapproccio alla diplomazia e particolarmente nei confronti dellOnu e dei Paesi europei. Bush ha, per esempio, auspicato che la Francia faccia di più per la missione Onu e perché venga messo in pratica quel documento dellOnu che in gran parte contiene un linguaggio scelto da Parigi; ma lo ha detto senza le punte polemiche antifrancesi, di solito ben presenti nelle sue parole.
Non ci sono polemiche nei confronti dellOnu, solo auspici: «vi è urgente necessità» che i Caschi blu arrivino sul posto come «impone» la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza, anche perché solo la forza internazionale potrà «aiutare ad assicurare che il cessate il fuoco regga nel Libano meridionale. Il governo libanese, Israele e i nostri alleati concordano nel ritenere che questo sia il contributo più efficace che in questo momento si possa garantire». Secondo Bush uno dei motivi per cui le varie soluzioni sperimentate nel corso degli anni nel Libano non hanno avuto un esito soddisfacente è proprio che «è mancato un impegno davvero internazionale», e ci si è affidati invece a visioni e iniziative unilaterali o bilaterali.
Mano tesa allOnu, dunque, dopo anni di polemiche. Grinta dura nei confronti di Teheran: «In una storia del Medio Oriente che deve ancora essere scritta lIran apparirà chiaramente come parte del problema». Perché sponsorizza Hezbollah. Perché incoraggia una versione radicale dellIslam. E adesso persegue il riarmo atomico. «Immaginate come tutto sarebbe ancora più difficile se disponesse dellarma nucleare. Per questo va fermato e non cè molto tempo. Il Consiglio di sicurezza deve fare il suo lavoro e non deve perdere tempo. Lo impone il calendario».
Una impostazione non nuova e coerente, ma che viene ribadita sotto lombra sempre più lunga del «rigetto» da parte dellopinione pubblica americana della guerra in Irak. Il presidente ha letto una dichiarazione sul Libano e sullIran, ma quasi tutte le domande dei giornalisti riguardavano Bagdad e lipotesi, avanzata in modo sempre più diffuso, di un ritiro delle truppe americane. Bush ha risposto opponendovisi nel modo più impegnativo: «Finché il presidente sarò io rimarremo in Irak. Se ce ne andassimo sarebbe un disastro». Bush ha detto di capire il senso di frustrazione di molti americani e qualche volta di condividerlo, ma «la guerra non è un momento di gioia». Non cambierà politica solo perché i sondaggi non sono incoraggianti. «Se ci ritirassimo dallIrak adesso i nostri nemici ci seguirebbero e porterebbero la guerra più vicina alle nostre sponde. Se si affievolirà in noi il desiderio di aiutare i popoli che vogliono vivere in una società libera perderemmo lanima come nazione».
Un tono combattivo anche se contiene delle ammissioni, alcune per la prima volta: «Non ho mai detto che Saddam Hussein abbia organizzato la strage terroristica delle Torri Gemelle».
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