C’è crisi: buoni pasto usati per fare la spesa

Spread, prezzi al consumo, statistiche, inflazione. Numeri in libertà che arrivano più o meno in tempo reale, ma che spesso si discostano dalla vita reale. Gli indicatori della crisi sono quelli «scritti» dai cittadini. E tra i tanti modi per capire come gli italiani stanno vivendo questa manovra minacciosa, c’è anche quello di vedere cosa e come mangiano. Dalla tavola non giunge certo quel segnale di serenità e apprezzamento nei confronti del governo Monti che viene diffuso dai media.
Da Genova arriva un dato che solo apparentemente è banale, soprattutto perché è frutto di un cambiamento repentino, improvviso. E che arriva da un comportamento quotidiano come l’uso dei buoni pasto.
Una ricerca di «Qui! Group», l’azienda genovese e tutta italiana, ha messo in evidenza come ormai il ticket sia diventato un modo per «arrotondare» lo stipendio, per fare un po’ di spesa per arrivare a fine mese. Sempre di meno sono infatti i genovesi (ma lo stesso comportamento lo tengono gli italiani in generale) che usano il buono pasto al bar o al ristorante. La metà dei ticket vengono ritirati nei supermercati, nella grande distribuzione. Quando magari nel carrello della spesa finisce anche un tramezzino confezionato, o un panino con l’etto di prosciutto, o una bibita in lattina. Insomma, quanto basta per consumare un pasto a mezzogiorno, nella pausa dell’ufficio. O anche per andare a casa a mangiare «rubando» i minuti, ma risparmiando il possibile in un momento in cui non ci si può permettere certo di andare a pranzo fuori e magari dover aggiungere anche dei soldi al buono pasto di valore troppo basso per coprire il totale dello scontrino. «In momenti difficili come quello attuale - spiega un comunicato di Qui!Group - gli italiani tirano la cinghia e cambiano abitudini, stili di vita e priorità. Il potere d'acquisto delle famiglie si riduce sempre più e dunque i consumi stagnano, lo si inizia già a vedere in questo periodo prenatalizio; l'impressione è di una riduzione della propensione all'acquisto se non per i beni primari. Sempre più spesso di rinuncia ad un pasto completo durante la pausa pranzo lavorativa, optando più semplicemente per un panino, magari portato da casa o comprato al supermercato». Se ormai la metà dei dipendenti di circa 5mila enti o aziende servite da Qui!Group usa il buono pasto al supermercato è anche perché il valore del ticket è sempre più insufficiente a coprire realmente il costo del pasto. La maggioranza delle aziende infatti compra e distribuisce ai propri dipendenti buoni da un massimo di 5,29 euro, che è il limite del valore non tassato.
E non è neppure un caso se la stessa società genovese sta cercando di sviluppare sempre maggiori sinergie con altri enti e aziende legate all’utilizzo del buono pasto. Ad esempio la Qui!Group ha da poco trovato l’accordo con Poste Italiane per legare l’utilizzo del ticket al servizio BancoPosta, che oltre alla possibilità di spendere direttamente il buono pasto con carta elettronica, offre al cliente sconti consistenti negli esercizi convenzionati.

Il denaro risparmiato viene subito riaccreditato sul conto corrente postale, offrendo al cittadino che lo usa la possibilità di centrare proprio quell’obiettivo tanto agognato: usare il buono pasto per arrivare meglio alla fine del mese. Perché l’incubo della stangata del governo Monti è avvertita più di quanto si tenti di far credere dai mezzi di comunicazione.

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