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La mattanza islamica alla festa. "Presa di mira la comunità"

Spari a Bondi Beach: 16 morti. In 2mila celebravano l’Hanukkah. Catturato un killer, ucciso l’altro. Ira di Netanyahu: "L’Australia ha gettato benzina sull’antisemitismo"

La mattanza islamica alla festa. "Presa di mira la comunità"
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A Bondi Beach, domenica sera, il cielo stava ancora trattenendo la sua luce migliore, quella dorata che rende iconica la mezzaluna di sabbia affacciata sul Pacifico. Era la prima sera di Hanukkah, la festa ebraica delle luci, celebrata con musica, candele accese e famiglie riunite per il tradizionale «Chanukah by the Sea». Un rito di gioia e di pace, consumato sul confine fragile tra il giorno e la notte. Alle 18.40, però, la luce si è spenta di colpo. Il rumore secco degli spari ha squarciato l'aria, e con essa l'illusione che certi luoghi fossero ancora al riparo dalla storia. Decine di colpi, ravvicinati, brutali. La folla si è dissolta in una fuga cieca: urla, corpi in cerca di riparo, passeggini abbandonati sulla Campbell Parade. In pochi istanti, la spiaggia simbolo di libertà e spensieratezza si è trasformata in un campo di battaglia.

Due uomini vestiti di nero hanno aperto il fuoco dal ponte pedonale che collega Campbell Parade al Bondi Pavilion. Impugnavano armi lunghe, fucili a pompa, e sparavano in modo indiscriminato. Nessuna distinzione, nessuna possibilità di scampo. Anziani e bambini sono rimasti coinvolti. Il bilancio è devastante: almeno 16 morti, tra cui uno dei tiratori e una bambina di 12 anni, e almeno 29 feriti, con stime destinate purtroppo a salire. Tra le vittime c'è Eli Schlanger, assistente rabbino del Chabad di Bondi, marito e padre, volto noto della comunità ebraica locale. È caduto mentre celebrava una festa di fede e di luce. Un simbolo, suo malgrado, della ferocia di un attacco che ha colpito deliberatamente un bersaglio religioso.

I due attentatori sono stati neutralizzati dai reparti speciali. Si tratta del 24enne Naveed Akran, ferito ed arrestato, e del padre Sayd, 50 anni, ucciso nella sparatoria con la polizia. La loro abitazione a Bonnyrigg, nel sud-ovest di Sydney, è stata perquisita dagli inquirenti. Gli Akran sono di origini pakistane, probabilmente legati a un percorso di radicalizzazione islamista che gli investigatori definiscono senza ambiguità jihadista. In un'auto collegata agli autori del massacro, parcheggiata su Campbell Parade, sono stati trovati ordigni esplosivi improvvisati. Segno di un'azione pianificata, non di un gesto isolato.

Il premier del Nuovo Galles del Sud, Chris Minns, e il commissario di polizia Mal Lanyon hanno parlato apertamente di terrorismo. Altri arresti a Bonnyrigg confermano che l'attacco si inserisce in una rete più ampia. Il primo ministro Anthony Albanese ha usato parole nette: «La ferita è nel cuore della nostra nazione». Ha definito la strage «un atto di malvagio antisemitismo e terrorismo», compiuto «in un giorno di gioia e durante una celebrazione della fede».

Dall'estero è arrivata una condanna immediata e condivisa da quasi tutte le cancellerie, partendo da Mattarella e Meloni. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito l'accaduto «un crudele attacco contro gli ebrei», chiedendo all'Australia di rafforzare la lotta contro l'antisemitismo. Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha invece accusato l'Australia di aver «gettato benzina sul fuoco dell'antisemitismo». Netanyahu ha ricordato una lettera inviata ad agosto al premier Albanese, nella quale criticava politiche come il riconoscimento di uno Stato palestinese, ritenute capaci di alimentare «l'odio antiebraico che ora infesta le vostre strade».

«L'antisemitismo è un cancro scriveva prospera nel silenzio dei leader e si combatte solo sostituendo la debolezza con l'azione». Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha scritto che «il sangue delle vittime è sulle mani del governo australiano».

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