Ma c’è una questione morale che il clero non può ignorare

Gentile Direttore,
nella corso della storia della Chiesa la riforma dei costumi del clero è stato un imperativo costante, come fedeltà all'Evangelo e all'amore cristiano.
Specialmente gli Ordini religiosi hanno rappresentato una stratificazione dei tentativi di riformare i costumi corrotti e di restaurare una regola morale e religiosa coerente con l'insegnamento originario.
La rottura avvenuta con Lutero ha segnato il passaggio dai tentativi - sempre bisognosi di essere reiterati - di riforma dei costumi ad una riforma dottrinaria, in grado di affrontare i problemi della Chiesa in un'ottica «strutturale» e interpretando lo spirito dei tempi.
La mia impressione è che la Chiesa si trovi oggi in uno di questi momenti epocali, in cui occorre non solo e non tanto richiamare all'osservanza di certe regole morali, ma di aprire coraggiosamente nuove prospettive per il clero e per il popolo dei credenti.
Oggi si intrecciano problemi e tensioni che chiamano in causa il rapporto della Chiesa con i propri fedeli e in generale con l'opinione pubblica.
È indubitabile che questo rapporto incontri difficoltà e registri in alcuni casi fenomeni di incomprensione se non di perplessità nei confronti di alcuni degli insegnamenti della Chiesa, in particolare riguardo a determinate questioni bioetiche e di morale sessuale.
Non c'è dubbio che le polemiche contro la Chiesa e in particolare nei confronti della persona del Santo Padre, scattate a partire dalla questione della pedofilia, siano strumentali e pretestuosi, alimentati, mirati e forse preordinati ad attaccare il ruolo del Cattolicesimo a favore della verità, della libertà, della pace e della giustizia in tutto il mondo.
C’è tuttavia un punto di debolezza della Chiesa su questa vicenda. Essa infatti viene colpita e aggredita su una questione riguardante la moralità, e in particolare la moralità sessuale, sulla quale la Chiesa stessa impone e pretende doveri particolari agli stessi credenti.
Al punto da creare una stridente contraddizione tra l'insegnamento impartito dalla Chiesa, spesso sentito come eccessivamente rigoroso e avulso dalla realtà, e il fenomeno della pedofilia verso il quale la Chiesa stessa, nel passato, ha forse sottovalutato la gravità e l’impatto sull’opinione pubblica.
La mia opinione è che alcune posizioni, che discendono da una sacrosanta difesa del valore della vita, come ad esempio quelle che riguardano la pillola abortiva oppure alcuni aspetti del biotestamento, possano discendere più da posizioni dogmatiche che da una reale comprensione delle sofferenze dell’uomo moderno, sospeso tra i progressi della ricerca scientifica e le domande ultime sulla vita.
Anche relativamente ad altre questioni, come il divieto per i divorziati di accedere ai sacramenti, oppure la possibilità di accorciare i tempi per l'ottenimento del divorzio, fino al tema delicato del celibato dei sacerdoti, credo che sia giunto il momento per la Chiesa di superare divieti che appaiono sempre più distanti dalla sensibilità degli stessi credenti.
Giovanni Paolo II e ancor più Benedetto XVI hanno riaffermato la verità del cristianesimo in opposizione al nichilismo moderno e il valore di una fede non in antitesi ma fondata sulla ragione.
Per questo, la Chiesa si è posta in contrasto con le tendenze e le mode più diffuse dell'epoca moderna, che si possono riassumere nel concetto di una libertà senza responsabilità e nella convinzione che la cultura possa prescindere dalla ricerca della verità, assumendo così la posa di una maestra severa e arcigna più che di una madre amorevole e comprensiva, senza venir meno al proprio ruolo educativo. Io credo che per essere più efficace il messaggio della Chiesa debba essere il frutto della conciliazione tra la necessità di affermare la potenza del pensiero che postula la verità e il bisogno altrettanto necessario della misericordia, cioè di una maggiore comprensione per l'uomo, per le sue sofferenze, le sue domande inascoltate.
Come non essere d'accordo con Papa Benedetto XVI quando scrive che «un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale».
Nello stesso tempo, come credente, avverto come profondamente vero e umano il pensiero espresso dal cardinale Carlo Maria Martini - «non possiamo sempre gridare forte la verità. Essa presuppone amore e sensibilità. Gli esseri umani sono più che mai in cerca di sollievo e aiuto nel dialogo».


Ho scritto queste riflessioni come un credente che non condiziona le sue convinzioni religiose ad una determinata appartenenza politica e, nello stesso tempo, che non rinuncia ad esprimere le proprie opinioni sulla Chiesa. Nell’un caso come nell’altro per una finalità scevra da ambizioni politiche o personali, ma per contribuire a migliorare la comunità cristiana di cui faccio parte.
*Ministro dei Beni culturali e coordinatore del Pdl

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