C’è un Tarzan nella politica italiana

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Uniti nell’Unione, divisi a metà nella Federazione, divisi nell’Ulivo, chi ci capisce è bravo, lei ci capisce qualcosa? È una buffonata o una cosa seria?

Pizzighettone (Cremona)


Cosa serissima, caro La Licata. D’altronde, vede forse facce sorridenti nell’Ulivo e dintorni? Ed è sintomo di buonumore l’accorato appello dell’Unità - «Fermatevi!» - rivolto ai mammasantissima della sinistra? Se ha avuto la pazienza di seguire in tivvù gli spasmi dei suddetti, non può esserle sfuggita l’espressione di Romano Prodi. D’accordo, siccome il camerlengo Ricky Levi gli consigliò di togliersi dalla faccia quel suo abituale sorrisone da pretone, negli ultimi tempi Prodi si presentava alle telecamere accigliato, ma fra l'essere accigliato e l’essere immusonito, ma cosa dico immusonito: tetro, ce ne passa. Gli è che Prodi è, detto con affetto, della razza dei bonari carognoni, un po’ come Spadolini, pace all’anima sua. E come Pertini, ripace all’anima sua. All’esterno tutto un latte e tutto un miele, facili alla pacca sulle spalle, all’approccio cameratesco, allo struscio cittadino con ripetute strette di mano e carezze ai marmocchi, disponibili al colloquio informale («Eh, sì, signora mia, cento grammi di mortadella a un euro e ottanta… dove andremo a finire?»), ma sotto sotto dei tipini rancorosi e vendicativi (di quelli che non fanno prigionieri). Non si lasci ingannare dal «bello guaglione» rivolto da Prodi a Rutelli né del pane e cicoria tirato in ballo da quest’ultimo. Non c’è ironia, non c’è goliardia in quelle parole: volano i coltelli, caro La Licata, e si salvi chi può.
Ma siamo pur sempre nel Bel Paese dove il sì suona e dove anche le tragedie si stemperano nella commedia. Lunedì scorso l’Unità, sempre lei, titolava a piena pagina (ovvero con l’evidenza grafica che abitualmente si riserva alle immani catastrofi tipo tsunami): «Boselli sferza Rutelli: su Prodi non si discute». Il pezzo, a firma di una tostissima Federica Fantozzi, cominciava così: «C’è Prodi, poi Prodi e ancora Prodi scolpisce Enrico Boselli al consiglio nazionale socialista» («dove la voglia di partecipare - annota la cronista - era tanta». Ma non mi dite). Ebbene, uno dei più sperimentati artifizi per far ridere consiste nel sottolineare la sproporzione fra il soggetto e i suoi intenti. Mi spiego: quando, in Un giorno in pretura, Alberto Sordi «faceva Tarzan» nella «marana», per l’inadeguatezza di Nando Moriconi detto l’americano a ricoprire quel ruolo la platea si sbellicava. Orbene, qui ci troviamo di fronte a un Boselli che sferza.

A un Boselli che impone l’altolà. A un Boselli che scolpisce. Boselli, dicesi Boselli Enrico: il Nando Moriconi dell’Ulivo che si mette a fare Tarzan con l’Unità che gli fa da spalla dedicando alla esilarante performance nove colonne.

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