«Cacceremo da Teheran cinque milioni di persone»

ANATEMA I capi religiosi accusano: «Donne troppo provocanti nelle strade attirano la collera di Allah»

Trent’anni fa predicavano la rivoluzione, oggi pronosticano terremoti. È l’ultima follia del regime, l’ultimo espediente per spegnere nella paura la voglia di libertà dei dodici milioni d’abitanti di Teheran. A diffondere il terrore ci pensa l’ayatollah Aziz Khoshvaqt, uno degli esponenti religiosi più vicini al Gotha del potere raccolto attorno alla Suprema Guida Alì Khamenei, al presidente Mahmoud Ahmadinejad e ai Guardiani della Rivoluzione.
A dar retta alla novella cassandra, il redde rationem è alle porte. Ben presto la megalopoli assetata di libertà, affollata di peccatori, gremita di donne svergognate verrà cancellata da un immane sisma figlio della rabbia di Allah. L’urlo dell’ayatollah menagramo si scatena nel corso di un sermone dai toni apocalittici. «Scendete nelle strade - avverte Khoshvaqt -, pentitevi dei vostri peccati, il sacro tormento incombe su tutti voi, chi vuole salvarsi deve abbandonare la città».
La parte più ambigua e al tempo stesso significativa del sinistro presagio si cela nell’ultima frase, quella con cui l’ayatollah-Cassandra invita i concittadini a cercar rifugio altrove il prima possibile. In quella frase sibillina si nascondono, secondo l’opposizione, realtà e menzogne, timori avallati da riscontri scientifici mescolati al progetto di svuotare una città difficile da salvare in caso di terremoto, ma anche impossibile da controllare in caso di rivolta.
Che Teheran sia ad alto rischio sismico lo sanno in molti. Costruita alla confluenza di due falde tettoniche, la capitale si è trasformata - dopo la caduta dello Scià - in una disordinata megalopoli abbarbicata alla montagna sospesa sul nucleo originario della città. Sulle alture riservate un tempo ai palazzi del potere sono cresciuti migliaia di condomini. Grazie a quegli edifici alveare tirati su senza alcun rispetto delle norme anti sismiche, i 5 milioni di abitanti del 1979 si sono triplicati. A dar retta al professore di geofisica Bahram Akasheh, la loro sopravvivenza è oggi legata a un filo. Secondo il professore, considerato il massimo esperto di terremoti, la tensione tra le due falde rischia di generare un sisma del settimo grado della scala Richter in grado di spazzar via metà della popolazione.
La decisione di trasformare l’allarme dello scienziato in profezia angosciante affidata alla voce di un ayatollah insospettisce però i circoli riformisti. Per i nemici del regime dietro il fantasma della catastrofe si nasconde l’ansia di un gruppo di comando sempre più consapevole, dopo le manifestazioni degli ultimi mesi, della difficoltà di tenere a bada una metropoli come Teheran. E dietro la sollecitudine di un presidente Ahmadinejad prontissimo ad annunciare progetti per incentivare il trasferimento di 5 milioni di abitanti in altre zone del Paese vi sarebbe la consapevolezza di misurarsi con una metropoli ostile e pronta alla sollevazione. Una città dove nessuno sopporta più il rigido controllo sociale imposto dal regime. Una capitale dove - lamentava la scorsa settimana l’hojatoleslam Kazem Sedighi - «le donne dai vestiti provocanti fanno perder la testa agli uomini, dissipano la propria castità e diffondono l’adulterio contribuendo a render prossima la maledizione del terremoto».
E sull’onda della paura ecco la promessa di concedere bonus pari al 50 per cento degli stipendi ai dipendenti statali pronti al trasferimento.

Dietro l’offerta emerge però il piano di trasferire innanzitutto i palazzi del potere e la scoperta finisce inevitabilmente con il dar fiato ad altre mille voci incontrollate. Prima fra tutte quella che accusa i pasdaran di aver messo a punto un congegno infernale capace d’innescare artificialmente il terremoto e seppellire sotto le macerie della capitale tutti i nemici del regime.

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