Caccia ai ghisa: ecco dove sono nascosti

Una miriade di specializzazioni, ognuna delle quali assorbe dalle poche unità a decine di vigili urbani: tutte più o meno utili, ma che tutte insieme contribuiscono a ridurre drasticamente il numero di «ghisa» presenti sulle strade milanesi. Eccoli, i numeri della polizia locale di Milano, quelli che rispondono finalmente alla domanda che i milanesi si pongono ad ogni ingorgo, ad ogni auto indisturbata in seconda fila, ad ogni bar con lo stereo a tutto volume in piena notte: «Ma i vigili dove sono?».
Ogni volta che a Milano cambia la giunta, il ritornello è sempre lo stesso: «Porteremo più vigili nelle strade». Ma queste tabelle raccontano che si tratta di una impresa non facile, perché oltre alla viabilità - che una volta era il loro compito primario - sui ghisa si sono affastellate nel corso degli anni una serie di altre competenze. La trasformazione in «polizia locale» si è fermata a metà del guado: le incombenze più umili, come le multe per divieto di sosta, sono state delegate agli «ausiliari del traffico», ma in compenso si sono create nuove attività, apparentemente lontane dal core business.
Alcune collocazioni c’è da sperare che siano ormai sorpassate dai fatti: come i dieci vigili destinati al nucleo a cavallo per la tutela dei parchi cittadini, appiedati dalla decisione di Pisapia di restituire i cavalli alla vita di campagna. Altre suonano vaghe o addirittura misteriose: cosa fanno gli otto uomini che si occupano di «interventi speciali»? Cosa si intende per «problemi del territorio», mansione che assorbe ben ventisei unità? E che senso ha avere due addetti al «nucleo edilizia», potendosi ragionevolmente escludere che in due riescano a sorvegliare i cantieri di tutta Milano? Sulla carta, appare spropositata la dotazione umana dell'ufficio del Personale, dove lavorano ben ottantotto vigili: ma in realtà pare che nel numero siano comprese anche altre attività come la gestione dell’armeria o il temutissimo «ufficio ispettivo»
E poi: otto vigili cinofili per interventi antidroga, non sono troppi, visto che della caccia agli spacciatori si occupano già carabinieri e poliziotti, e anche loro hanno i loro cagnoloni da fiuto? I quattro vigili che si dedicano ai «rilievi dattiloscopici», cioè ad analizzare le impronte digitali, vogliono fare concorrenza ai Ris? Non sono un’esagerazione ventisette addetti alla scuola del corpo? Per non parlare dei ben novanta vigili che fanno parte della cosiddetta «unità operativa speciale» che si occupa di vigilare sui campi nomadi e di «mappatura del territorio», mansione che però risulta svolta anche dai venticinque colleghi addetti al «presidio sul territorio».
Insomma, la mappa della distribuzione della polizia locale milanese appare abbastanza ingarbugliata, gravata di mansioni lontane da quello che i milanesi si attendono dai «loro» vigili.

Quando in un’intera strada il traffico impazzisce e i gas di scarico si accumulano, senza che all’orizzonte si veda un solo berretto bianco, può essere difficile spiegare ai cittadini che le risorse mancano: perchè in quello stesso momento venti «ghisa» sono addetti alla polizia giudiziaria, lavorano cioè per conto della Procura della Repubblica che in teoria ha già a sua disposizione un piccolo esercito di poliziotti, carabinieri e finanzieri. E altri cinquantaquattro non fanno altro che dare la caccia al vero nemico della città: le borse contraffatte.

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