Caccia alle gemme da film Adesso sono le star a far brillare i gioielli

Non tutti potranno alzare la mano da Christie’s, il 13 dicembre. Ma tutti possono lustrarsi gli occhi col tesoro di Liz Taylor, grazie alla mostra che si conclude fra pochi giorni a New York, al Rockefeller center (3-12 dicembre). È come il baule dei pirati che si rovescia, a rotolare fuori sono pezzi unici, ametiste diamanti smeraldi zaffiri rubini, spille collane orecchini pendenti ciondoli anelli bracciali, giganteschi ed eccessivi, qualcuno forse quasi «normale», tutti firmatissimi, disegnati dalle case più celebri, pegni di affetto e amore ma soprattutto della passione folle e tempestosa fra l’attrice e Richard Burton, così fanatico della sua Liz e di preziosi da cercarle gioielli in ogni dove, rincorrerli all’asta, dare perfino il suo nome a un diamante (il Taylor-Burton, valore un milione di dollari, nel 1969).
È caccia aperta ai gioielli di Liz Taylor, per chi può permetterseli (il valore complessivo dell’asta è intorno ai 30 milioni e tutti i soldi andranno alla Fondazione per la lotta all’Aids creata dall’attrice), ma anche per chi voglia solo sognare, magari non di essere proprio come Liz, ma come una celebrità sì. Perché il gioiello è potere, bellezza, splendore: e che cosa c’è di più potente, bello e splendido del divismo hollywoodiano? Il connubio è perfetto, anche perché, come recita un libro appena uscito, Sotto i tre carati non è vero amore (della giornalista Paola Jacobbi, l’editore è Sperling & Kupfer). Non è il caso di fare battute sull’avidità delle donne: è solo la versione femminile di un detto maschile che non riguarda i carati, ma la taglia della fidanzata, ovviamente non si parla di fianchi o girovita. Fino a pochi anni fa «c’era una distanza abissale tra il mondo della moda e quello della gioielleria» racconta l’autrice. Ora invece «anche il gioiello è parte del prêt-à-porter». I nomi celebri dello stile non disegnano più solo abiti ma anche gioielli, anzi molte rampolle di buona famiglia creano collezioni esclusive. E le campagne pubblicitarie non mostrano più anelli o collier solitari, nel senso di «nature morte»: i preziosi piacciono se sono indossati dalle dive, da Monica Bellucci a Sharon Stone a Julianne Moore. Basta un tappeto rosso per vendere pezzi di alta gioielleria inarrivabili: si racconta che la mattina dopo la passerella di Eva Herzigova a Cannes, una miliardaria abbia acquistato la lunga collana esibita dalla modella. Non ci sono solo i grandi marchi: Michelle Obama ama i pezzi unici di due creatori newyorchesi, e vedi che bella pubblicità involontaria. Anche se la prima a rendere un servizio davvero d’oro a una casa di gioielleria è stata Audrey Hepburn, non solo perché il suo film più celebre è ambientato nei locali di Tiffany ma perché, in cambio delle riprese nella location della Quinta strada, la maison ottenne una pubblicità planetaria: l’attrice fu immortalata con al collo la spettacolare «Schlumberger» con diamante giallo da 128 carati. Una diva di oggi, Angelina Jolie, si distingue indossando smeraldi, ma le più principesche osano lo zaffiro, come quello dell’anello di fidanzamento di Lady Diana ereditato da Kate Middleton. Le minimal romantiche scelgono una collanina alla Carrie, come la protagonista di Sex & the city (del resto è l’unico accessorio non lussuoso che porti), le più classiche le perle alla Margaret Thatcher, l’unico orpello che si concedesse la lady di ferro.

Coco Chanel pare odiasse il corteggiamento a base di pietre preziose del duca di Westminster, in ogni caso preferiva creare gioielli da sé, e pure fasulli: trovava quelli veri un’esibizione di ricchezza, «tanto varrebbe portare un assegno intorno al collo», sentenziava. Ma certo era una provocazione, infatti i suoi gioielli, anche se falsi, sono diventati pezzi ricercatissimi.

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