A uscire «impallinate» dal voto sulla caccia, stavolta, sono entrambe le coalizioni. Centrosinistra e centrodestra vanno in pezzi quando si tratta di votare una variante alle norme regionali che regolamentano lattività venatoria. E tutto proprio in una giornata in cui il consiglio regionale sembrava aver lasciato da parte le divisioni ideologiche, con Claudio Burlando ad ammettere che i dubbi espressi da Raffaella Della Bianca (Pdl) sulle società partecipate della regione erano più che legittimi e occorreva lavorarci insieme, e con lassessore Renata Briano ad assicurare al leghista Francesco Bruzzone che verranno monitorati i gabbiani e i danni che provocano.
Ma la variante sulla caccia spacca ogni alleanza. Perché in Italia la legge dice che si può sparare fino al tramonto, mentre in Liguria Lega, Pdl e Pd concordano sul fatto che si possa andare avanti per unaltra mezzora visto che la luce non manca improvvisamente al calar del sole. Dalla sinistra radicale arrivano le scontate opposizioni: i Verdi in coniglio regionale non ci sono più, ma Alessandro Benzi di Rifondazione annuncia il suo voto contrario per «il metodo e la sostanza della legge» in contrasto con quella nazionale. Anche Matteo Rossi, di Sinistra e Libertà, non è daccordo, ma sceglie la linea del non voto, delluscita dallaula.
Fin qui, nulla di strano. A creare laltra spaccatura, stavolta nel centrodestra, è Lorenzo Pellerano, lista Biasotti, che anche a nome di Aldo Siri spiega il voto negativo degli arancioni. La sparata esplode fragorosa, anche perché entrambi gli schieramenti avevano deciso di tagliare corto sulla questione, vista la larga maggioranza trasversale esistente. Anche Edoardo Rixi, capogruppo della Lega, che al momento del voto aveva chiesto una sospensione irritando il suo collega Francesco Bruzzone ridimensiona il caso: «Come da regolamento e da accordi ribadito in ufficio di presidenza, ho chiesto la sospensione per incontrare con altri colleghi i rappresentanti dellistituto Brignole che chiedevano un intervento della Regione. Nessuna divergenza con Bruzzone sulla caccia».
Lo stesso Bruzzone, una volta spiegatosi con Rixi, ritira la minaccia di una convocazione straordinaria di assemblea del gruppo del Carroccio. Così da concentrarsi sul «nemico» arancione». «Capisco la scarsa conoscenza della materia da parte dei biasottiani - stuzzica - la legge già prevede questa norma. E in altre regioni vige la stessa disposizione. Quel che mi stupisce è lincoerenza dei colleghi. Nel programma di Sandro Biasotti era scritto chiaramente che questa legge avrebbe avuto il nostro appoggio. Forse vogliono passare alla Lista civica per Fausto Bertinotti?». La battuta viene colta e rilanciata da Nicolò Scialfa, dellIdv, che intanto annuncia libertà di scelta del partito e il suo personale «no». Seccata la replica di Siri che sfila i biasottiani dallalleanza: «Siamo liberi di decidere ogni volta secondo coscienza».
Poi si vota. E arriva la nuova sorpresa. Sullarticolo 1 della legge il «no» lo esprime Pellerano ma non Siri, sullarticolo 1bis (lurgenza) sparisce anche il pallino rosso di Pellerano. Sul complesso della legge ancora una volta i due biasottiani evitano del tutto di votare, smentendo quanto appena annunciato in aula. Tanto che anche Nino Miceli, del Pd, chiede conto del tipo di voto espresso dagli arancioni. Che poi inviano un comunicato stampa nel quale sostengono invece di avere votato contro. I tabulati del consiglio smentiscono questa ipotesi.
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