Caccia alle spoglie erranti del maledetto Dante Virgili

Le ossa dell'autore del romanzo filonazista "La distruzione" rischiano di finire nella fossa comune. Ma qualcuno le vuole salvare

Caccia alle spoglie erranti del maledetto Dante Virgili

La chiave per entrare nell'universo narrativo e umano di Dante Virgili, un uomo da niente e un narratore del Tutto, è proprio il nulla, l'annullamento, l'annientamento. Vivacchiava da omino qualunque, sognava la distruzione del mondo. E ora, per nemesi o giustizia, ciò che rimane di lui sta per finire in niente.

Ciò che rimane di Dante Virgili, scrittore dal nome vero che sembra finto e dalla prosa che sembra impossibile da leggere e invece è solo difficile da scrivere, è in una cassettina di zinco 60x22x22 su un bancale del deposito del Cimitero Maggiore a Milano. Cenere che prende polvere.

Dante Virgili, l'ultimo vero grande nazista dopo il nazismo, autore nel 1970 del romanzo-culto La distruzione che è un'apologia letterario-esistenziale di Adolf Hitler e dove si immagina, trent'anni prima delle Torri Gemelle, New York in fiamme (ma il folle Virgili intuì anche il risveglio dell'islam), nacque a Bologna nel 1928, morì nel 1992, nessun parente lo riconobbe, ebbe funerali miserrimi, all'obitorio per riconosce il corpo andò un editor che lavorò con lui alla Mondadori, Ferruccio Parazzoli («Era una cosa orripilante. Gonfio e color vinaccia»), fu sepolto qui a Musocco, al campo 18 (e non al 48 come scrive il suo biografo), fossa 0112. Viene esumato nel 2012 e da allora aspetta. Sospeso nel limbo normativo di uno stanzone che non ha alcun tanfo infernale, ma qualcosa di peggio: una triste aria burocratica. Se entro il 31 marzo nessuno chiederà di occuparsi dei resti dello scrittore, il Comune come da regolamento procederà a «conferirli», che significa buttarli, nell'Ossario comune. Distrutti per sempre.

Per scongiurare questa indegna cronaca della fine , due suoi lettori fedeli e politicamente opposti, dimostrazione che la cosa non ha valenza politica ma solo letteraria - Gerardo de Stefano, anarchico stirneriano ed editore irregolare, e Andrea Lombardi, céliniano e militante di CasaPound - hanno lanciato un appello perché Milano dia una regolare sepoltura ai resti di Dante Virgili e organizzato una sottoscrizione per raccogliere le poche centinaia di euro che servono per un colombario o una celletta. È tutto sulla pagina www.facebook.com/salviamoladistruzione. Ma lui, avrebbe davvero voluto essere salvato dalla distruzione?

Antonio Franchini, che allo scrittore apocalittico, «demone meschino», misantropo, asociale, passato inosservato in vita e caduto da morto nell'oblio, dedicò nel 2003 il romanzo-inchiesta Cronaca della fine , pensa di no. Come ha risposto in un'intervista su Libero , pensa che Virgili avrebbe preferito così, sparire nell'ossario comune, senza una tomba che non c'è più, senza una foto che non è mai esistita, tanto che in molti hanno dubitato della stessa esistenza di Virgili: «Ha vissuto una intera carriera letteraria e ideologica in senso negativo, non gli avrebbe fatto piacere essere celebrato. Tutta la sua vita testimonia il contrario». Non requiescat in pace .

Contrario al mondo in cui sopravviveva, contrario all'Occidente in cui non credeva, contrario a se stesso che odiava - un se stesso ripugnante nell'aspetto fisico, forse peggio in quello morale: pornomane, sadico, filo-hitleriano - Dante Virgili consumò in una stanza milanese e miserabile la professione di scrittore, pubblicando sotto vari pseudonimi libri gialli e di avventura fra cui 24 romanzi western per ragazzi firmati Dean Blackmoore e usciti per l'editrice Capitol. Poi, l'esplosione che non rilasciò neppure un bagliore. Dopo un lungo e contrastato iter editoriale, tra dubbi, perplessità, rifiuti e infine un inaspettato «Sì», la Mondadori nell'anno di scarsa grazia 1970, in piena contestazione politica e sperimentazione narrativa, decide di pubblicare il romanzo politicamente scandaloso e stilisticamente provocatorio La distruzione . È la storia, raccontata tra flusso di coscienza e flashback di violenza e erotismo estremi, di un ex interprete delle SS ora correttore di bozze in un giornale dell'Italia degli anni Cinquanta che rimpiange il Terzo Reich e aspira a una dissoluzione dell'umanità, un azzeramento nucleare che lasci solo silenzio e «un'unica terra informe e vuota».

Un libro potenzialmente esplosivo - il legale della casa editrice appose sul dattiloscritto una chiosa a mano: «Che Dio, e il P.M., ce la mandino buona» - e che invece passò completamente inosservato (il vero «caso Virgili» scoppiò nel 2003 quando Pequod decise di ripubblicarlo), e che spinse la Mondadori a bocciare il secondo titolo del sulfureo scrittore, Metodo della sopravvivenza , poi apparso nel 2008 sempre da Pequod in concomitanza con l'uscita di un film-biografico dal titolo Appunti per la Distruzione girato da Simone Scafiddi e prodotto dalla Provincia di Milano. «Se Milano ha finanziato un documentario su di lui - si chiedono Gerardo de Stefano e Andrea Lombardi che mi accompagnano alla ricerca delle spoglie erranti di Dante Virgili in un Musocco plumbeo di un pomeriggio deserto - perché non può dargli anche una degna sepoltura?». Qui, al Cimitero Maggiore, che pure non è il Monumentale, sono sepolti il fisico partigiano Eugenio Curiel e il fascistissimo Alessandro Pavolini, sono sepolti Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, fucilati il 30 aprile del 1945 in via Poliziano, qui dal 1955 al 1971 fu sepolta persino Evita Perón col nome fittizio di Maria Maggi, e qui sono passati i resti degli stessi Benito Mussolini e Claretta Petacci... Perché per lui non c'è posto? Perché dimenticare Dante Virgili?

Dimenticato dai lontanissimi parenti che vivono nelle Marche, dimenticato persino dagli intellettuali che per una breve pagina di tempo gli hanno ridato vita - Giuseppe Genna che ne ha scritto e lo ha letto più di tutti dice di rivolgersi a Parazzoli, Parazzoli che pure nel 2002 chiese di risistemarne la tomba ha detto di lasciar perdere, Franchini pensa che tutto sommato l'ossario sotto le fondamenta del cimitero sia la fine migliore, alla Pequod dicono di non saperne niente, e alla Mondadori chi c'è oggi probabilmente non sa neppure chi sia -, Dante Virgili è pietosamente dimenticato in un magazzino anche dai funzionari comunali. I quali non sanno se salvare la memoria, o sbarazzarsene, di un milanese forse illustre ma di certo scomodo. E l'illustre scomodo Dante Virgili, lui che odiava mischiarsi con i propri simili, rischia di finire in una fossa comune . Per salvarlo, servirebbero: euro 146,50 (costo dell'esumazione), più euro 29,50 per la cassetta in zinco, più euro 700 per il deposito dei resti (0,50 euro per ogni giorno di permanenza in magazzino), più euro 8,50 per la targhetta metallica, più euro 200 circa per una celletta. Totale: 1.084,50 euro. Tanto poco vale la morte di Virgili.

A tutti coloro che aderiranno alla sottoscrizione, con qualsiasi cifra, Gerardo de Stefano che per primo ha scoperto la sorte delle ossa «virgiliane» e Andrea Lombardi che sta organizzando il tam tam mediatico per salvarle, hanno promesso una copia dell'edizione pirata de La distruzione che stanno preparando.

In copertina ci sono le Twin Towers in fiamme viste attraverso il monocolo di ufficiale nazista.

Dante Virgili forse era pazzo e di certo era visionario. I pazzi visionari vedono sempre quello che non c'è. Ma a volte anche ciò che sarà.

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