Caccia al tesoro, i tombaroli del terzo millennio

Si definiscono collezionisti, appassionati dell’arte e della storia antica. In realtà sono l’incubo numero uno delle varie Soprintendenze ai Beni Culturali che a fatica cercano di proteggere siti millenari dai loro picconi

Professione tombarolo. Per molti una necessità, un “lavoro” passato di generazione in generazione. A vederli da vicino sono proprio come uno se li immagina: oscuri trafficanti di reperti archeologici che vivono di notte. Si definiscono collezionisti, appassionati dell’arte e della storia antica. In realtà sono l’incubo numero uno delle varie Soprintendenze ai Beni Culturali che a fatica cercano di proteggere siti millenari dai loro picconi. Certo, il loro mestiere è fuorilegge ma non se ne preoccupano affatto. I campi arati attorno le antiche necropoli sono i loro principali fornitori.

I tombaroli del terzo millennio non si fermano davanti a nulla. O quasi. Metal detector in mano e cuffie in testa, i predoni di Ostia Antica, Cerveteri, Tarquinia, sono alla continua ricerca di tesori perduti. O nascosti da secoli, come può capitare quando ci si imbatte in un “giacimento”, ovvero in un gruzzolo sepolto da antichi viandanti, ricchi signori in fuga o in partenza per una guerra. Per i numismatici sono casi rarissimi e particolarmente importanti perché gli oggetti contenuti congelano un periodo storico determinato restituendo un’istantanea della vita di quel momento. A datare l’occultamento l’oggetto (in genere una moneta) più recente fra gli altri. Per i tombaroli, visto lo stato di conservazione quasi sempre eccezionale, un colpo di fortuna che vale gli sforzi di una vita.

“Se, scavando, troviamo una cassetta, un vecchio forziere mezzo corroso dal tempo - raccontano alle Saline di Ostia -, è come vincere al superenalotto. Mentre liberiamo dalla terra quel piccolo tesoro pensiamo a ciò che può contenere. Spesso si tratta di cianfrusaglie sotterrate da qualche contadino per paura dei ladri. Altre volte sono veri e propri depositi di monete e gioielli, magari lasciati al sicuro da un soldato di passaggio. Ci si può trovare davvero di tutto: dai sesterzi romani di bronzo ai denari d’argento, dalle "dramme" greche ai famosi “bigati” battuti in Campania più di duemila anni fa con l’argento delle miniere del Peloponneso. Per non parlare poi di spilloni, fibule d’oro massiccio, sigilli, anelli, orecchini tempestati di pietre preziose. Nel mercato antiquario sono cose ricercatissime e pagate fior di quattrini”.

Il periodo migliore per andare a caccia di reperti, assicurano gli “esperti”, è l’autunno. Ma anche in inverno quando, dopo un forte acquazzone la terra lavorata dai trattori, compatta e pesante, sprofonda di qualche centimetro portando in superficie i pezzi archeologici più leggeri. Condizione ottimale è il vento è forte che scopre materiale mai venuto alla luce. “Quella è roba da principianti - insistono i tombaroli -, pezzi di coccio senza valore perché distrutti dalle continue arature. Con gli strumenti giusti noi andiamo in profondità, dove finisce l’humus, lo strato coltivabile, e si trovano oggetti preziosi”.

Altra zona, altre tecniche. Verso Cerveteri, ovvero nel territorio dell’antica Caere, in Etruria, i tombaroli si armano di spillone e badile oltre all’inseparabile metal detector. Lo spillone, una lunga asta metallica flessibile, serve a sondare il terreno. Quando urta uno strato impenetrabile la ricerca è a buon punto. I predatori di tesori etruschi si concentrano su quella che potrebbe essere una sepoltura a camera, una tomba in muratura con le spoglie degli antichi proprietari, quasi sempre famiglie ricche. E iniziano a scavare. “Un lavoro pericoloso - racconta Ercole, 59 anni di Tarquinia, fabbro di mestiere, tombarolo per passione -, da fare al buio completo sennò son guai. Si infila lo spillo a terra e si spinge in profondità. Quando l’asta incontra una bolla d’aria quello è il segnale che sotto, oltre allo strato di muratura, c’è un ambiente creato dall’uomo. E quasi sicuramente è l’interno di una tomba. A quel punto ci si riunisce in un gruppo di almeno tre persone e si comincia a scavare. È un’emozione fortissima quando sfondiamo anche l’ultima parete che ci separa dalla sepoltura. Attorno i sarcofagi, vasi d’ogni genere e decorazioni intatte. Attorno al corpo dei defunti le deposizioni dei corredi: gioielli, monete, persino resti di cibo e vino. Con una cosa così ci campi l’intera famiglia per un anno”. Augusto, detto “Augustarello”, racconta che anni addietro era riuscito ad aprire una tomba a volta dalle parti di Barbarano Romano, Viterbo. “Siamo entrati alla luce delle torce - ricorda -, sulle pareti c’erano dei dipinti bellissimi, con scene di guerra. In meno di un minuto i colori sono scomparsi sotto i nostri occhi. L’aria entrata all’improvviso se li è portati via per sempre. Non abbiamo detto più una parola e ce ne siamo andati”. Una lotta spesso impari fra i tombaroli e le forze dell’ordine.

“Quando ci becca la Finanza - raccontano due tombaroli più volte denunciati come evasori totali - scatta il sequestro del metal detector. Un danno di un migliaio di euro. Noi, però, ce ne abbiamo sempre uno di riserva nascosto da amici o parenti incensurati”.

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