Ettore Medani *
Dopo aver precedentemente denunciato l'inquietante problema dei cosiddetti «parvenu dell'ornitologia» e le nefaste conseguenze derivanti dal loro spregiudicato comportamento, devo ora evidenziare un'altra pericolosa insidia che minaccia in maniera preoccupante tutti i progetti di difesa scientifica attiva, messi in cantiere dai sodalizi venatori. Il rischio, in questo caso, viene dall'indifferenza che oltre il 90 per cento dei cacciatori migratoristi italiani mostra nei loro confronti.
Questa consistente fetta del «corpus venatorio italiano» è, infatti, fermamente convinta che, dopo aver «pagato la tessera» (non importa a quale associazione della caccia), abbia fatto ampiamente il proprio dovere e, dal quel momento in poi, tutto è demandato ai dirigenti e ai presidenti.
A queste non ben specificate figure dell'associazionismo venatorio essi, non appena versata la quota associativa, chiedono - o meglio - pretendono perentoriamente e a gran voce, di darsi da fare senza tregua affinché l'esercizio delle loro cacce possa avvenire nella maniera più ampia possibile.
Codesti personaggi che, lo sottolineo vigorosamente, prosperano in tutte le associazioni venatorie italiane, appartengono a pieno titolo a quella confraternita trasversale denominata: «cacciatori menefreghisti italiani».
Non c'è dubbio alcuno che se le numerose ricerche messe in cantiere dall'Anuu, sia da sola sia in collaborazione con altre associazioni, fossero maggiormente sostenute in forma massiva come tanti cacciatori, lo zoccolo duro della ricerca, fanno fin dal 1958, avremmo raggiunto ancora più importanti risultati, per cui la responsabilità principale sta proprio nella indifferenza mostrata dalla popolosa confraternita sopra citata.
Il loro motto è: «non fare mai ciò che altri possono fare per te». La filosofia di questa congregazione è pertanto tutta incentrata sulla totale abulia e refrattarietà verso ogni iniziativa impegnata proveniente dall'associazionismo venatorio e tesa a difendere attivamente proprio quelle cacce che i suoi aderenti praticano in larga misura.
C'è poco da stare allegri però, perché la sua situazione è esattamente la medesima di quanti, ostinatamente, si rifiutano di collaborare, nell'ampio limite delle loro possibilità di capacità e di tempo, a tutte quelle iniziative di «difesa attiva e consapevole» promosse tanto dall'Anuu Migratoristi quanto da altre sigle venatorie.
A propria discolpa essi non possono neppure invocare l'onerosità finanziaria che queste comportano, poiché il loro peso monetario si riduce al massimo al costo di un paio di caffè presi al bar. La verità è che loro non vogliono in alcun modo difendere i propri diritti mettendoci una tantum la loro preziosissima faccia.
È fin troppo comodo e facile demandare a pochi volonterosi questo impegnativo compito per poi, una volta che siano stati conseguiti alcuni concreti risultati, complimentarsi vicendevolmente, scambiandosi grandi pacche sulla schiena come se il positivo esito fosse esclusivamente merito loro.
Nel caso, invece, che le cose non siano andate per il verso giusto eccoli allora sfogare le proprie ire sui dirigenti rei di non aver difeso adeguatamente i loro diritti.
Quanta ipocrisia in questo detestabile comportamento e quanto perverso egoismo nel loro volere tutto e subito senza mai nulla dare in cambio: non mi vengano poi a dire che «noi, però, abbiamo pagato la quota associativa più alta», come se ciò li esonerasse da ogni altro impegno di natura morale, tacitamente sottoscritto all'atto dell'iscrizione ad un'associazione venatoria.
Buona fortuna, allora, e, come dicono gli amici campani: «Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, scordammuce u passato.». Già, proprio così, «scordiamoci il passato», ma per davvero perché l'avvenire delle nostre cacce più vere venga costruito sempre più su basi concrete e il rischio di dover essere «sacrificate» sugli altari del «dio fagiano», della «dea lepre» e del «dio cinghiale» si va concretizzando sempre più minacciosamente.
*Coordinatore nazionale Sky-Way Project
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