«La strada del successo passa anche attraverso le cadute. Pochi non hanno avuto momenti di difficoltà, ma i campioni si vedono da come si rialzano». La svolta nella carriera di Carolina Kostner è racchiusa in una presa di coscienza semplice quanto sofferta. In un pomeriggio milanese, di un mese di novembre tra i più caldi degli ultimi anni, la stella mondiale del pattinaggio artistico si racconta a margine di un evento Herbalife, davanti a una tazza di tè caldo, per scacciare i brividi di freddo. Strano per una che da venti anni, da quando ne aveva quattro, «vive» sul ghiaccio.
Nonostante la delusione di Vancouver è riuscita a tornare la numero uno del mondo...
«Dopo lOlimpiade canadese ho anche pensato di smettere. Tutti mi davano consigli, non avevo più certezze. Prima di entrare in pista sapevo già di non essere contenta».
Per ricordarselo è andata negli Usa...
«Per poi scoprire che anche loro cucinano con lacqua calda (ride, ndr). Per tanti dovevo andare negli Stati Uniti se volevo diventare grande».
Dopo un anno è tornata in Germania a Oberstdorf e dal suo tecnico storico Huth. Perché?
«Rifarei tutto, anche trasferirmi in California. Mi ha tolto i dubbi e fatto comprendere che la perfezione non esiste. Io cado più delle americane e delle giapponesi, ma sono comunque brava. Ho ritrovato sicurezza e cambiato lapproccio».
Il pattinaggio è tornato ad essere passione?
«Ora scendo in pista per regalare felicità al pubblico, è quella la cosa più importante».
Da cosa capisce se ha emozionato il pubblico?
«Dal silenzio nel palazzetto durante lesibizione. È una sensazione particolare».
E come naturale conseguenza ha ripreso a vincere. Da oltre un anno sale sempre sul podio...
«Sono partita bene nel Grand Prix con un primo e un secondo posto, ma la strada è ancora lunga».
E la medaglia olimpica o loro mondiale?
«Non sono unossessione. In questo momento penso a come migliorare. Ad esempio con i nuovi sistemi di punteggio è inutile infarcire gli esercizi di difficoltà, meglio un programma semplice ma eseguito senza sbavature. Così ho messo da parte il famoso triplo lutz. Sono più strategica».
Anche perché la parte artistica è il suo punto di forza. In primavera ci sono i mondiali... Cosa le serve per centrare il grande appuntamento?
«La serenità. La stessa provata quella volta che ho pattinato e giocato a hockey su un lago ghiacciato in Canada, a casa della mia coreografa, dopo aver spalato la neve. Che spettacolo».
Regalano emozioni anche serate come quella dellOpera On Ice allArena di Verona lottobre scorso?
«Incredibile. Dodicimila persone, lorchestra e i cantanti lirici. Avevo paura che un mio errore potesse rovinare tutto. Non ho dormito alla vigilia».
Gira il mondo, quale posto lemoziona di più?
«Casa mia, lAlto Adige. Sono fortunata ad essere nata lì. Che piste da sci in particolare al Monte Seceda: le prepara mio fratello».
Voleva seguire le orme di sua cugina Isolde?
«Sì lobiettivo era quello, è la mia sportiva preferita. Ma fin da bambina vincevo solo sui pattini... Comunque ogni tanto, di nascosto dallallenatore, qualche discesa me la concedo».
A proposito di emozioni, portabandiera a Torino 2006, cosa dice a Federica Pellegrini ?
«Nessun consiglio. Per me è stato un orgoglio incredibile anche perché era lOlimpiade di casa».
La prossima sarà in Russia, dove ha vinto la prima medaglia mondiale. Destino?
«Meglio non pensarci...».
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